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Pensioni del futuro: l’integrazione con il PAC

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NAPOLI – La situazione previdenziale italiana non lascia troppo spazio alla progettazione di un avvenire sereno anche durante la vecchiaia. Sulla base dell’attuale riforma della Pensioni, gran parte dei lavoratori non riusciranno a ricevere una pensione adeguata ai contributi sinora versati. L’assegno previdenziale potrebbe non essere più sufficiente per soddisfare le esigenze e un tenore di vita accettabile, ed è per questo che tanti italiani nel corso degli anni hanno cercato numerose vie per integrare la pensione con una piccola rendita.

A questa esigenza è sempre seguita quella di avere un rischio ridotto al minimo, in modo da non veder svanire in un “amen” tutti i risparmi di una vita. Il nuovo millennio è nato nel segno dei titoli di Stato, dei bot e dei buoni fruttiferi erogati dalle Poste Italiane, ma allo stato attuale nessuna di queste soluzione riesce a portare più i vantaggi di un tempo. I primi e i secondi, infatti, sono legati a doppio filo alle incertezze del mercato e all’ormai conclamata crisi internazionale, mentre i terzi hanno perso appeal a causa dei tassi di interesse molto risicati.

L’alternativa arriva quindi dal mercato della finanza, che consente attraverso i cosiddetti Piani di Accumulo Capitale di investire piccole somme di denaro minimizzando i rischi. Questo strumento di più recente creazione, come illustra una guida pubblicata su Moneyfarm, consente di puntare sulla costanza: è sufficiente investire una quota decisa dall’investitore, che può anche variare nel corso degli anni, così da strutturare sul lungo periodo quel fantomatico tesoretto da destinare agli anni della pensione. La crescita di questo capitale è alimentata da tre fattori differenti: i versamenti progressivi del risparmiatore, gli interessi più alti che maturano a fronte di un deposito pluriennale e anche i risultati degli investimenti che il gestore dei piani effettua per ottimizzare il capitale. A seconda della gestione del risparmio, i piani di accumulo si dividono in due categorie: i PAC che investono negli ETF e quelli che guardano ai fondi di investimento. In entrambi i casi,a fronte di scelte più o meno ampie, i vantaggi per i risparmiatori sono molteplici, sia per quanto riguarda i costi di gestione che in materia di rischi.

L’accumulo su un arco temporale medio-lungo consente infatti di minimizzare le conseguenze dell’imprevedibilità sottesa al mercato, consentendo al risparmiatore di ottenere un guadagno praticamente assicurato. È questo lo scenario di un obiettivo più difensivo, mentre al contrario un approccio speculativo consente plus molto più allettanti, ma che possono arrivare dopo periodi di forte incertezza. Il grande vantaggio dei PAC risiede nella mancanza di clausole restrittive legate al raggiungimento delle soglie pensionistiche: l’investimento può essere bloccato o ritirato in qualsiasi momento dopo un numero di anni prefissato e a fronte di valide motivazioni legate alla salute o a contingenze reali.

I PAC in ETF potrebbero spaventare a causa del doppio acronimo, ma in realtà si tratta di fondi che si basano su un indice di riferimento nazionale o internazionale, ma anche limitato ad uno specifico comparto. Gli Exchange Traded Fund hanno costi di gestione risicati e hanno rischi molto bassi a fronte di una discreta diversificazione e di performance più interessanti degli strumenti finanziari utilizzati in precedenza. Inoltre, il vantaggio ricade anche sul piano di investimento, dilazionabile nel lungo periodo anche con quote molto piccole da versare ogni mese. Chi investe nei fondi, invece, non fa riferimento all’andamento dei vari indici, ma può comunque optare per una forte diversificazione votata non solo al mercato nazionale ma anche a quello dei principali attori internazionali. Anche in questo caso, sono sufficienti piccole quote per ottenere discreti guadagni nel lungo termine.

 

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