SERIETV — “Avetrana – Qui non è Hollywood” è il titolo della serie sull’omicidio di Sarah Scazzi che sarà distribuita sulla piattaforma di streaming di Disney+ dal prossimo 25 ottobre 2024. Suddiviso in quattro episodi, il prodotto verrà presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma che si terrà dal 16 al 27 ottobre. Si tratta di una produzione Groenlandia, grazie a Matteo Rover. Pippo Mezzapesa firma la regia, dopo aver scritto anche la sceneggiatura con Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni. Dalle prime immagini la scelta del cast sembra essere stata molto accurata dal punto di vista estetico. Sicuramente per grande merito anche dei costumisti e del settore trucco.
Inutile descrivere la trama. La serie ripercorre i tragici fatti di cronaca di ormai 14 anni fa, quando Sarah Scazzi fu uccisa il 26 agosto 2010 ad Avetrana, in provincia di Taranto. Inizialmente la famiglia denunciò la scomparsa della ragazza e tutta la Nazione si preoccupò a lungo per la 15enne. L’attenzione mediatica per il caso fu morbosa. Tutti ne parlavano. Anche le persone per strada e nei negozi, chiacchierando pensierose sulle notizie dei TG. Poi la rivelazione. Dopo mesi di indagini, venne ritrovato il corpo di Sarah e definitivamente ogni speranza fu spenta. Ebbe inizio il processo e seguirono tre condanne definitive.
Oggi il pubblico italiano si interroga e si chiede se sia giusto rievocare il dolore e lo sciacallaggio giornalistico di quei giorni in una serieTV. Rendere una vicenda macabra come il Delitto di Avetrana ancora una volta uno show. Qualcuno chiede silenzio per rispettare la morte di quella ragazzina bionda non più tra noi. Sui social alcuni utenti hanno addirittura osservato una somiglianza grottesca tra la locandina della serie e quella del film “Omicidio all’italiana” (2017) di Maccio Capatonda. Va riconosciuto che effettivamente polemiche analoghe furono sollevate anche in occasione della realizzazione della miniserie “Alfredino – Una storia italiana” (2021). La fiction ripercorreva la celebre tragedia di Alfredino Rampi, il bambino di sei anni precipitato in un pozzo artesiano nel 1981 a Vermicino.
Di fondo quel che accade è un meccanismo curioso. Ormai gli spettatori apprezzano tantissimo il genere del true crime. Lo dimostrano i numeri delle visualizzazioni raggiunti dai documentari su Netflix oppure il seguito della nota creator Elisa True Crime. Ma il true crime va bene fin quando riguarda fatti accaduti oltreoceano. Si pensi un po’ al successo riscosso dalla serie “Dahmer” nel 2022. Un po’ meno godibile lo diventa nel momento in cui viene narrato un fatto di cronaca italiana. Forse perché si toccano delle corde più sensibili del comune sentire. Eppure sorge il quesito, una provocazione: di base qual è la differenza?
Di Valentina Mazzella