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Da “Pretty Woman” a “It ends with us”: il romance dice addio al classico lieto fine romantico?

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CINEMA — Fino a non molto tempo fa le ragazze più romantiche andavano al cinema per guardare film d’amore a lieto fine. Storie spesso ricche di cliché smielati imperavano nelle sale, in TV e sulle piattaforme per alleggerire il cuore. Lungometraggi di intrattenimento che rischiavano poi di accrescere le aspettative nei confronti della vita reale. Non mancava, dunque, la controindicazione. Quante volte capita, infatti, di ascoltare qualcuno scherzare e dire: “È tutta colpa della Disney!”? Frase ironinica usata per attribuire responsabilità anche alle fiabe e agli stereotipi come quello del “principe azzurro“. Il genere rosa, dai romanzi al cinema, è stato spesso discriminato ccome categoria di serie B. Il suo intento, in buona fede, era quello di sfamare le fantasie di un pubblico composto in buona parte da sognatrici.

Nell’ultimo decennio, invece, sta accadendo qualcosa. Poco alla volta si sta raggiungendo il culmine di un processo di lunghissima data. Complice una maggiore consapevolezza dell’impatto dei media sulla società, della capacità di plasmare la realtà che ci circonda attraverso la rappresentazione. Ecco allora che diamo un’occhiata alla distribuzione cinematografica degli ultimi anni e appare evidente una lampante inversione di rotta. Sempre di maggiore tendenza diventano film un po’ più coraggiosi. Storie che non terminano affatto con il classico lieto fine.

I romance non sono scomparsi e nemmeno si agogna la loro sparizione dal mercato. Tuttavia, se prestiamo attenzione, notiamo che un tempo le donne impazzivano per grandi storie romantiche come “Pretty Woman” (1990) e “Ghost” (1990). Oggi, invece, il pubblico femminile continua ad apprezzare prodotti come la serie Netflix “Bridgerton”, certo. Però le sale cinema appaiono gremite per film come “C’è ancora domani” (2023), “Barbie” (2023) e “It ends with us. Siamo noi a dire basta” (2024). Tre titoli completamente diversi tra loro come genere, sceneggiatura, regia e produzione. Eppure qualcosa in comune l’hanno. Che cosa? 

Il cinema più recente si impegna a raccontare storie in cui il lieto fine non è univoco, non è standardizzato. Il lieto fine non è soltanto l’incontro della propria anima gemella. Indubbiamente può essere ‘anche‘ quello, ma non solo quello. E allora oggi la settima arte sdogana finali in cui per una donna può essere un traguardo felice anche l’essere single o raggiungere per esempio il divorzio, se questo la salva o le conferisce serenità. Condizione che uno sceneggiatore di trent’anni fa avrebbe scelto come incipit per una storia in cui al termine, necessariamente, la protagonista avrebbe trovato l’uomo della sua vita.

Da “Pretty Woman” a “It ends with us”, il romance sta abbandonando il classico lieto fine romantico? Non lo ripudia del tutto, ma qualcosa sta cambiando. La società sta scardinando i suoi schemi ormai obsoleti. Il cinema fa da specchio, riflette. Riflette e amplifica. Di certo, nelle intenzioni, nessuno desidera promuovere la solitudine. Tuttavia si cerca di ricordare al pubblico che non esiste un unico modello di vita. Ed è affascinante cogliere come maggiore consapevolezza sui rapporti stia fermentando tra gli spettatori. Si percepisce anche semplicemente ascoltando i commenti in sala durante le proiezioni, tra un pugno di popcorn e un sorso di bibita.

Di Valentina Mazzella

 

 

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