Benvenuti al nuovo appuntamento della rubrica: “𝑵𝒂𝒑𝒐𝒍𝒊: 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂, 𝒂𝒏𝒆𝒅𝒅𝒐𝒕𝒊 𝒆 𝒄𝒖𝒓𝒊𝒐𝒔𝒊𝒕𝒂’”. 

 

Nell’antichità i colorí fondamentali erano solo due: il bianco e il nero, ossia la chiarezza e l’oscurità, dalla cui mescolanza derivavano tutte le altre tinte.

I colori hanno una loro simbologia. Infatti un’emozione o uno stato d’animo, spesso, vengono rappresentati con un colore: il giallo, ad esempio, suscita qualcosa che irradia, come la luce del sole.

Alcuni colori vengono definiti associandoli a qualcosa, come diceva il grande pittore francese Cezanne: “Il nero pece, la terra di Siena, il blu cobalto, il giallo Napoli, è impossibile dipingere senza questi colori”.

Chiaro e leggermente rossastro era il colore di cui gli impressionisti non potevano fare a meno. Nel 1970, in Germania, in un’antica fabbrica abbandonata di medicine, furono ritrovate tante boccette contenenti pigmenti risalenti al 1700. Su una di esse, di colore giallo camoscio, c’era scritto: “Giallo Napoli”.

Si narra che il colore deriverebbe dal tufo napoletano, ma negli affreschi antichi dell’Egitto la stessa tonalità è chiamata “giallo egiziano”. Quindi l’arrivo a Napoli – si presume – avvenne grazie a mercanti provenienti dall’Egitto.

Già nell’Ottocento in Inghilterra si parlava di “Naples yellow”, memore della bellezza dei panorami partenopei e del sole, che, all’imbrunire, illuminava di giallo il mare, rendendo, con l’immaginazione, espressive le cose inanimate.

Come scrisse il grande poeta greco Kazantzakis: “Avete il pennello. Avete i colori. Dipingete voi il paradiso e, poi, entrateci”.

L’immagine allegata in copertina è il dipinto del pittore russo Ivan Konstantinovic Ajvazovskij “Il golfo di Napoli”, eseguito dall’artista nel 1841, durante il suo soggiorno a Napoli. Il 90% dei colori utilizzati per realizzare l’opera è stata eseguito con la tinta giallo Napoli.

Saluti cordiali,

Pino Spera

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