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La capera

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Benvenuti al nuovo appuntamento della rubrica: “π‘΅π’‚π’‘π’π’π’Š π’‚π’π’•π’Šπ’„π’‚: π’”π’•π’π’“π’Šπ’‚, π’‚π’π’†π’…π’…π’π’•π’Š 𝒆 π’„π’–π’“π’Šπ’π’”π’Šπ’•π’‚'”Β 

“Nel 1840, quando le signore portavano le torri in testa, sorse la ‘capera’ a sciogliere l’arduo problema, essa divenne la padrona assoluta delle femminee teste de’ ceti medio e popolare. La capera Γ¨ una giovinetta popolana, ella parla sempre, sa i fatti di tutti, specializzata in materie amorose, Γ¨ l’amica confidente delle donne”. CosΓ¬, nel 1866, nel libro “Usi e costumi di Napoli”, lo scrittore napoletano Francesco Mastriani rappresentava la capera.

A partire dall’Ottocento, i beauty center di Napoli si trovavano fuori ai bassi (le famose piccole abitazioni dette ‘e vascie) in quanto rare e costose le botteghe di acconciature. In questo luogo svolgeva il suo lavoro di parrucchiera a domicilio, la capera.

Il marketing della capera, attraverso un’attenta analisi di mercato, era affidato, oltre che alla sapienza di parrucchiera, al gossip, facendo affidamento nell’arte dello ‘nciucio. La coiffeur diventava l’amica confidenziale delle donne. Prometteva di non riferire, ma, per una sorta di fidelizzazione della cliente, non manteneva le promesse. “Nu me facite parlΓ ” esordiva con la cliente, onde prefigurare notizie inedite, ma a volte anche spettacolarizzate.

Ben presto, perΓ², alle capere fu dato il negativo nomignolo di “‘e trummbette a Vicaria”, le trombette di Vicaria, in riferimento al banditore che leggeva i proclami emanati dalla corte nel 1500, la cui declamazione della sentenza era anticipata da uno squillo di tromba per richiamare la popolazione. Ancora oggi l’espressione napoletana “sembri proprio una capera” indica una persona avvezza al pettegolezzo.

Saluti cordiali,

Pino Spera

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