Luciano Spalletti non è mai stato uomo da frasi di circostanza. E oggi, con l’uscita del suo libro autobiografico scritto con Giancarlo Dotto, lo conferma senza mezzi termini. Il Paradiso esiste… ma quanta fatica non è solo il racconto del trionfo con il Napoli: è anche una resa dei conti. In particolare con Aurelio De Laurentiis, presidente e figura centrale – nel bene e nel male – del recente passato azzurro.
“Il Sultano” e il peso di un ego ingombrante
Il capitolo dedicato al patron azzurro non lascia spazio a dubbi: si intitola “Le verità nascoste” e si apre con un soprannome significativo – il Sultano. Spalletti riconosce a De Laurentiis abilità e visione imprenditoriale, ma non risparmia critiche al suo protagonismo:
«Sono andato via perché non avevo più la voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, a cui la città deve tanto, ma con un ego molto, forse troppo grande».
Dietro la storica impresa del terzo Scudetto, racconta Spalletti, si celavano continue battaglie quotidiane, anche sulle questioni più banali: una maglia regalata ai figli di un giocatore, il cambio frequente di alberghi per ragioni inspiegabili, fino allo “sfratto” ordinato in occasione di una partita contro la Juventus. Episodi che minavano la serenità del gruppo e mettevano alla prova la pazienza dell’allenatore.
Il paradosso di una stagione esaltante vissuta in costante tensione emerge con forza:
«Ho giocato due partite contemporanee: quella con gli avversari e l’altra con il presidente».
Spalletti ironizza anche sul tentativo di motivazione via SMS di De Laurentiis prima di una gara decisiva:
«Aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda. Gli risposi: “Grazie del prezioso consiglio, presidente, ne terrò conto”».
Ma l’episodio forse più emblematico è il silenzio stampa del presidente durante la cavalcata scudetto. Per Spalletti, quel silenzio fu strategico, una forma di sacrificio insospettabile per un uomo da sempre al centro della scena.
La rottura e l’addio: il mancato dialogo
Il vero strappo si consuma dopo la vittoria: De Laurentiis propone l’attivazione unilaterale della clausola per il rinnovo del contratto, senza alcun confronto preventivo. Spalletti risponde con una lettera scritta a mano, chiedendo prima un dialogo. Ma il confronto non avviene mai.
«Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa ci volesse per rivincere, alla fine sarei rimasto».
Parole che sanno di rammarico, ma anche di definitiva presa di distanza. Nonostante tutto, il tecnico chiude con gratitudine:
«Lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli».
Luciano Spalletti, oggi commissario tecnico della Nazionale, non riscrive la storia: la racconta dal suo punto di vista, senza reticenze. E lo fa restituendo umanità e complessità a una delle stagioni più straordinarie e tormentate del calcio italiano. Il suo addio al Napoli non è stato solo una scelta tecnica o gestionale: è stato un grido di autonomia. Un gesto di coerenza, forse, anche di dolore.