Home Cinema “Parthenope” di Paolo Sorrentino: capolavoro autoriale, un po’ pretenzioso e indiscutibilmente divisivo

“Parthenope” di Paolo Sorrentino: capolavoro autoriale, un po’ pretenzioso e indiscutibilmente divisivo

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RECENSIONE — “Parthenope” di Paolo Sorrentino è indiscutibilmente il film più divisivo tra quelli distribuiti al momento nelle sale italiane. Ennesimo capolavoro del maestro napoletano, il film ha già superato in pubblico e in incassi anche la sua celebre pellicola “La grande bellezza” del 2013. Un esempio di cinema con la “c” in maiuscolo. La fotografia e il montaggio regalano un’incredibile estasi per gli occhi.

Esteticamente un vero gioiello che sarebbe un peccato non vedere proiettato nel buio di una sala. Il piccolo schermo non riuscirà a contenere l’esplosione di bellezza contenuta nelle inquadrature, nei piani sequenza. Anche solo per la fotografia “Parthenope” è un film che capace di far sognare di esser nato Napoli chi napoletano non lo è.

Quando, invece, decidiamo di discutere della sceneggiatura ci addentriamo in un campo minato. La trama racconta la vita di una ragazza di nome Parthenope senza il classico arco narrativo che si snoda attraverso un inizio, uno sviluppo e una conclusione in senso convenzionale. “Parthenope” è la storia di una protagonista omonima che vive un susseguirsi di incontri ed esperienze impregnate di simbologia. Il lungometraggio rapisce lo spettatore per condurlo sempre altrove, scena dopo scena.

Parthenope è innanzitutto una donna, una donna sempre osservata e contemplata da uno sguardo prettamente maschile. Una bella donna soprattutto sessualizzata dagli uomini che la circondano che ne ammirano la seducente bellezza senza comprenderne mai la vera essenza interiore. Parthenope, inutile dirlo, rappresenta la stessa Napoli. È una donna carica di contraddizioni perché la medesima città ne è ricca.

La scrittura di Sorrentino delinea un ritratto vago e allo stesso tempo preciso. Disegna una Napoli bagnata dal mare, che ammalia e seduce. Una Napoli bellissima, elegante e irresistibili. Una Napoli inafferrabile. Una Napoli che si unisce in amplessi con la malavita. Una Napoli che mescola sacro e profano. Una Napoli che ha sempre la risposta pronta e non promette niente a nessuno. Il tutto condito con un’eccezionale colonna sonora, il brano “Era già tutto previsto” di Riccardo Cocciante del 1975. Musica e parole che conferiscono il giusto gusto retrò all’ambientazione degli eventi narrati.

Allo spettatore la domanda incessante: che cos’è l’antropologia? È difficile capire di chi Sorrentino realmente parli. Il risultato è un’opera pretenziosa. Qualcuno la giudica un’indigestione di aforismi, ma pienamente nello stile del regista. Chi conosce la sua precedente filmografia sa cosa aspettarsi. Sorrentino è “uno stato d’animo”. La stessa espressione calza a pennello per le sue creature. “Parthenope” si rivela così un film non per tutti, ma innegabilmente una pellicola autoriale di altissimo profilo come poche altre.

Di Valentina Mazzella

 

 

 

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