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Teatro Mercadante, “La locandiera” di Goldoni con la regia di Antonio Latella

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RECENSIONE – Irriverente, audace, ma mai superficiale. “La locandiera” di Carlo Goldoni calca le scene del Teatro Mercadante di Napoli dal 12 al 17 novembre. La regia è diretta da Antonio Latella che riesce a conservare intatta la freschezza di un’opera che nel 1752 ha spalancato le porte alla drammaturgia del teatro contemporaneo. Lo spettacolo nasce grazie alla produzione del Teatro Stabile dell’Umbria. Sul palcoscenico un cast di qualità che regala al pubblico delle interpretazioni lodevoli. Sonia Bergamasco veste i panni della protagonista Mirandolina. A seguire abbiamo: Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele Pestilli e Marta Pizzigallo.

Le scenografie sono essenziali e si prestano al gusto del moderno. Non abbracciano i costumi del Settecento, sottolineando quanto la trama sia del resto senza tempo. Di certo alcune dinamiche degli intrecci narrativi possono e devono essere contestualizzati nella società di quel secolo. Eppure per tanti aspetti “La locandiera” è un’opera che non perde la sua freschezza e riesce ancora a parlare anche alle nuove generazioni. Non a caso è un vero classico del teatro. Anche l’adattamento del testo a cura di Linda Dalisi presenta un ritmo coinvolgente. Lo spettacolo, organizzato in due atti, conserva alta l’attenzione del pubblico. Strappa risate qua e là con un lessico elegante, ma attuale.

Dal profilo Instagram ufficiale del Teatro di Napoli (@teatrodinapoli).

Avvertendo le influenze dell’Illuminismo, “La locandiera” di Goldoni desiderava intavolare un dibattito circa la lotta tra le classi sociali. Confezionava una visione in cui gli aristocratici venivano considerati inutili, parassiti e vanesi. Alla nobiltà venivano contrapposti gli interessi di una nuova classe emergente, quella della borghesia mercantile. Per parlare di questi temi, pertanto, quale migliore scelta se non proporre come protagonista la padrona di una locanda?

Mirandolina incarna i valori della sua classe sociale di appartenenza e non solo. È anche una donna. Una donna forte, sicura di sé, determinata, risoluta, che ama la libertà, testarda, abile. Il suo apparire civettuola e maliziosa può sembrare esser frutto di un occhio misogino dell’autore, ma non era nell’intenzione di Goldoni che desiderava soltanto scardinare lo stereotipo del “sesso debole” messo all’angolo.

L’opera si destreggia anche tra dinamiche e strategie da ars amatoria che evocano Ovidio. “La locandiera” si spende in riflessioni circa le relazioni tra uomo e donna. Al termine Mirandolina deve scegliere marito tra più pretendenti e la sua decisione non è guidata dal cuore, piuttosto dalla ragione. Potremmo dire dal calcolo, ma non in senso cinico. Sempre alla luce dell’autodeterminazione della nascente borghesia, la scelta di Mirandolina è un atto politico che ancora oggi racconta qualcosa alle coscienze.

Di Valentina Mazzella

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