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Whirlpool: Fim, Fiom e Uilm, domani otto ore di sciopero e presidio al Mise

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Ph. Fabio Sasso/FPA

Fim, Fiom, Uilm: “Occorre un nuovo piano di sviluppo per Whirlpool Italia”

Proclamte 8 ore di sciopero domani da Fim Fiom e Uilm nazionali in tutti i 7 stabilimenti del gruppo Whirlpool. Domani i lavoratori del gruppo si fermeranno per partecipare alla manifestazione che si terra’ alle 11 dinanzi al ministero dello Sviluppo Economico “a sostegno del proprio futuro reso incerto dal mancato rispetto del piano industriale sottoscritto nel 2018 proprio in quella sede”, cosi’ in una nota unitaria, Massimiliano Nobis, segretario nazionale Fim, Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm.

“Whirlpool infatti – affermano i tre sindacalisti – non ha ottemperato agli impegni presi annunciando, dopo pochi mesi dalla firma, la chiusura dello stabilimento di Napoli, stabilimento invece destinato alla produzione di lavatrici di alta gamma, ma anche negli altri siti la multinazionale non rispetta il piano di investimenti promesso nell’accordo firmato in sede governativa. Tutto questo accade mentre il mercato degli elettrodomestici e’ in ripresa, rendendo ancora piu’ inaccettabile l’atteggiamento della Whirlpool. Anche il mancato progetto di reindustrializzazione del sito logistico di Carinaro con il reimpiego di 200 dipendenti, sta alimentando la rabbia sociale”.

“E’ invece indispensabile – secondo Fim Fiom e Uilm – che venga al piu’ presto ripreso il confronto fra le organizzazioni sindacali, la Whirlpool e il governo che dovrebbe essere garante di quell’accordo anche in vista della fine del blocco dei licenziamenti previsto per il 30 giugno. I lavoratori della Whirlpool arriveranno da Napoli, Caserta, Varese, Siena, Melano, Fabriano e Comunanza e manifesteranno perche’ consapevoli che il loro futuro dipende da un nuovo piano di sviluppo per Whirlpool Italia che garantisca il ritorno al lavoro per i lavoratori di Napoli e metta in sicurezza tutti gli altri stabilimenti del gruppo”. “Non e’ piu’ accettabile – concludono – che le multinazionali arrivino in Italia facendo incetta di marchi prestigiosi, licenzino i lavoratori e se ne vadano da paese impuniti. Un paese che vuole resistere e riprendersi lo deve fare cominciando da questa vertenza”

 

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