RECENSIONE – È tornato ieri sera in TV, in prima serata su Rete 4, il grande colossal epico liberamente ispirato all’Iliade: “Troy”. Il film, diretto e co-prodotto da Wolfgang Petersen, viene ricordato soprattutto per il suo cast stellato composto da nomi celebri come Brad Pitt, Eric Bana, Orlando Bloom, Diane Kruger, Brian Cox, Sean Bean, Brendan Gleeson e Peter O’Toole.
Ovviamente c’è da premettere che si tratti di una rilettura in chiave moderna della monumentale opera di Omero. Non tanto di una fedele trasposizione cinematografica. Per questo motivo ha negli anni collezionato diverse note di disapprovazione da parte della critica. Lo stesso Brad Pitt (sullo schermo nei panni dell’indomabile Achille) in passato si è espresso rivelando di non essere del tutto soddisfatto del risultato.
Le interpretazioni degli attori sono apprezzabili. Le scenografie appaiono maestose: le architetture dorate, i campi di battaglia sono coreografati con una fisicità che spettacolarizza la forza e la gloria. La colonna sonora accompagna adeguatamente i toni epici e malinconici. Le musiche sostenengono un crescendo di tensione che alterna momenti di grande ferocia a pause riflessive.
La narrazione mescola spettacolo e riflessione sulle conseguenze della guerra. Parla di perdita, onore tradito, conflitti tra lealtà personali e senso del dovere pubblico. La densità drammatica e la tensione emotiva coinvolgono gli spettatori. Tuttavia il racconto epico viene ridimensionato offrendo una lettura della guerra di Troia che sminuisce la leggenda e privilegia la dimensione umana del mito. Ed è soprattutto sotto questo aspetto che si colgono delle amputazioni al racconto epico.
Nel poema di Omero gli dei sono personaggi che interagiscono con le vicende umane in tutto e per tutto. Scendono in campo, parlano ai mortali, cambiano le sorti degli eventi. Non sono soltanto nomi menzionati in maniera mistica come avviene, invece, nel film. Eppure si tratta di un’epoca in cui il culto delle divinità mitologiche era parte integrante della cultura antropologica dei popoli protagonisti.
In molti della critica fanno notare che “Troy” sia pur sempre una produzione americana che ha visto la luce nel 2004. Pochi anni dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Per questo l’opera rilegge il ciclo troiano con gli occhi dell’epoca moderna che non accettano guerre in nome di alcuna religione. Non importa di quale fase storica si discuta. Un filtro che ha inevitabilmente privato la storia della guerra di Troia di buona parte del suo sapore. “Troy” resta pertanto un bel film da guardare, ma puntellato da molte imprecisioni. Una versione molto diluita del classico omerico, godibile per una serata diversa.
Di Valentina Mazzella

