ATTUALITÀ – La notizia della scomparsa di Paolo Mendico, il 14enne morto a Latina, continua a straziare i cuori di tutti. Il ragazzo si è suicidato lo scorso 11 settembre nella sua cameretta. I genitori, dilaniato dal dolore, raccontano anni di sofferenza, solitudine, bullismo e accanimento vissuti dal figlio in classe. Inutile i tentativi di denunciare il problema a scuola. Alla fine Paolo non ce l’ha fatta a reggere tutto quel peso e si è arreso. La sua famiglia oggi non cerca vendetta, ma responsabilità. Al funerale sembra si sia presentato un unico compagno di classe.
Negli ultimi giorni è stato già detto tanto. Spiace essere ripetitivi, ma a quanto pare è doveroso ripetere anche l’ovvio. Paolo è morto e purtroppo non si può sminuire il caso semplicemente scrivendo “per il bullismo” o “perché vittima del bullismo”. Leggendo queste parole sembra sempre di parlare di un mostro informe e viscoso, magari di colore verde. Una creatura senza volto, come il mostro sotto al letto. Il bullismo è violenza, fisica e psicologica. Azioni concrete. Il bullismo è un fenomeno figlio di un orrore ancora più vergognoso: la disattenzione del mondo degli adulti.
In fondo la pedagogia lo grida da molto a voce alta: di frequente il bullo non è altro che un adolescente a sua volta con problemi di inserimento causati da tensioni personali o legate alla famiglia. Lo stesso bullo è un minore, un ragazzo in cerca di attenzioni che non sa gestire rabbia e relazioni dando vita a dinamiche tossiche di prepotenza, prevaricazione e di branco. Pertanto di fronte alla morte di una vittima innocente sorge la domanda: gli adulti dov’erano?
I genitori di Paolo Mendico hanno segnalato e denunciato più volte gli episodi di persecuzione subiti dal figlio. Lo hanno dichiarato nelle interviste televisive in cui hanno parlato in questi giorni. Le famiglie degli altri ragazzi della classe e soprattutto i docenti, invece, cosa hanno fatto? Erano tutti ignari della gravità della situazione? Perché non hanno agito adeguatamente?
Sembra che ciclicamente si torni a discutere del tema del bullismo e del cyberbullismo. Ripetiamo sempre le stesse frasi, gli stessi mantra, gli stessi buoni propositi. Però poi torniamo periodicamente a piangere per una nuova vittima. Scriviamo a caratteri cubitali: il bullismo è violenza, persecuzione. Il bullismo è anche isolare qualcuno e trattarlo come fosse invisibile e indesiderato. Il bullismo è istigazione al suicidio.
E allora spieghiamolo bene. Nelle scuole, ma anche ai genitori degli studenti perché la prima agenzia educativa di un giovane ragazzo è sempre la famiglia. Rendiamoci conto di come sensibilizzare sul tema non significa soltanto spendere belle parole. Significa educare i bambini, gli adolescenti e gli adulti all’empatia. Significa educare le persone a guardare negli occhi il prossimo e a rivederci se stesso, un altro essere umano con dei sentimenti e delle fragilità che vanno rispettate.
Di Valentina Mazzella

