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“Bagnoli Jungle”: dal Festival di Venezia al Cinema Astra. L’incontro con Antonio Capuano presso la Federico II

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Locandina del film "Bagnoli Jungle" di Antonio Capuano (2015).

NAPOLI – Un cinema sperimentale, a metà fra il documentaristico e il surreale, quello di “Bagnoli Jungle”. Un film con una storia amara. Non solo quella che racconta al pubblico, ma amara è anche proprio la storia della sua mancata distribuzione. È l’iter di un lungometraggio che, presentato alla 30esima Settimana della Critica del Festival di Venezia nell’edizione 2015 con uno strascico di apprezzamenti, non ha tuttavia ancora oggi trovato l’opportunità di approdare nelle sale italiane. Una situazione critica, ma che non stupisce se rammentiamo il periodo poco facile che l’arte sta attraversando. Ancor di più se veniamo a conoscenza del fatto che la Regione Campania non stanzi più soldi per il sostegno del Cinema campano dal remoto 2008, ingiustizia contro cui si sta lottando con la fiduciosa petizione #LeggeCinemaCampania.

E di queste indicibili faccende si è discusso ieri, giovedì 26 maggio, in un importante appuntamento organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II alle ore 17:00 presso l’Aula Piovani di via Porta di Massa in occasione del quale gli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Discipline della musica e dello spettacolo hanno avuto modo di incontrare il maestro napoletano Antonio Capuano. Nel vivace dibattito sono intervenuti Arturo De Vivo (Prorettore Università degli Studi di Napoli Federico II), Edoardo Massimilla (Direttore Dipartimento di Studi Umanistici), Pasquale Sabbatino (Coordinatore Master in Drammaturgia e Cinematografia), Anna Masecchia (Professoressa di Storia del cinema) e Antonella Di Nocera (Presidente Parallelo 41 produzioni). La sera poi, alle ore 20:30, è seguita la proiezione del film “Bagnoli Jungle” presso il Cinema Astra in via Mezzocannone, ritrovo culturale che assieme ad altri alimenta la speranza partenopea per un futuro in cui il nostro patrimonio di tradizione e sapere non vada disperso.

Antonio Capuano, regista napoletano.
Antonio Capuano, regista napoletano.
Antonio Capuano, ex-sceneggiatore televisivo, è già noto nel panorama cinematografico per essere il regista di film sulla tematica dell’infanzia difficile come “Vito e gli altri” (1991), “Pianese Nunzio, 14 anni a maggio” (1996), “Luna Rossa” (2001), “La guerra di Mario” (2005) e “L’amore buio” (2010). Una personalità estrosa e diretta che ieri pomeriggio ha risposto senza filtri e senza troppi peli sulla lingua a chi gli poneva domande sui suoi lavori, sulla sua idea di cinema e il suo modo di ‘fare’ cinema. E altrettanto schietto e senza veli è il suo ultimo film, “Bagnoli Jungle”, che ci propone uno spaccato crudo ma veritiero di un quartiere di Napoli abbandonato dalle istituzioni. Attraverso tre capitoli che raccontano l’esperienza di tre diverse generazioni, Capuano ci mostra la giungla di quella stessa Bagnoli degradata su cui venticinque anni prima, in maniera casualmente profetica, già posarono lo sguardo vuoto “Vito e gli altri” dell’omonimo lungometraggio.

Un paesaggio abbandonato all’incuria e un titolo da una parte chiaro e dall’altra criptico che una volta decodificato diventa forse allusivo a un’espressioni scurrile del dialetto napoletano sempre d’effetto. Quella bi e quella i lunga puntate, ora iniziali di “Bagnoli Jungle” e ora delle parole inglesi “blow job” pronunciate due volte nel film, ma segnalate in entrambi i casi nei sottotitoli con la censura “b.j.”. Allora forse, di fronte ai danni creati dall’indifferenza della politica e dagli interessi della camorra, in maniera pungente l’autore invita i responsabili a lasciare Bagnoli in pace.

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Scena del film “Bagnoli Jungle”. A sinistra Antonio (Antonio Casagrande) e a destra Marco (Marco Grieco).

Tre generazioni, tre storie: il balbuziente Giggino (Luigi Attrice), ladruncolo di strada che trascorre le giornate correndo avanti e indietro, fermandosi solo per rubare e per recitare poesie nelle pizzerie in cambio di qualche spicciolo; Antonio (Antonio Casagrande), pensionato tifoso di Maradona dagli atteggiamenti libidinosi nei confronti della sua badante ucraina (Olena Kravtsova) e infine Marco (Marco Grieco), garzone di salumeria che vuol vivere lavorando. Una parentesi importante va aperta su Marco Grieco che nel film interpreta se stesso: il bambino che a otto anni fu scelto da Capuano per interpretare Mario ne “La guerra di Mario”, ma che crescendo, dopo innumerevoli provini, non è più stranamente riuscito a ottenere parti da attore. Un ragazzo talentuoso quanto umile che come molti giovani cerca di affrontare le difficoltà del mondo del lavoro, o meglio della disoccupazione, dei nostri giorni. E lo fa restando aggrappato all’onestà.

Tre personaggi che si passano il testimone come in una staffetta. Tre esperienze e tre prospettive cucite attorno alla medesima realtà: quella dei residui dell’Italsider di Bagnoli che Capuano crede diverranno un giorno resti simbolo di quest’epoca storica al pari del Colosseo oggi emblema dell’Impero Romano. Non semplici testimonianze architettoniche, ma impronta di una particolare dimensione sociale e culturale.

Veduta dell'Italsider ripresa nel film, Bagnoli.
Veduta dell’Italsider ripresa nel film, Bagnoli.

Non mancano nel film elementi e scene squisitamente onirici che, oltre a ricordarci dei toni pasoliniani assieme a diversi primi piani, il regista giustifica nel confronto post-proiezione appellandosi all’autorevolezza di Franz Kafka, uno dei maggior scrittori della letteratura del Novecento. Realtà e sogno si sovrappongono fino a confondersi e ad amalgamarsi per costituire infine la medesima natura. Dunque “L’onirico è reale” afferma placidamente Capuano. Lo spettatore è da principio spiazzato, poi piacevolmente colpito. Infine sorride, fiducioso di aver colto un barlume di verità proprio in quegli spezzoni di film.

Bagnoli però non è solo un polpo eviscerato vivo a mani nude come nel lungometraggio si vede fare da uno dei protagonisti. Non bisogna arrendersi a questa idea. Come ieri si è a più riprese ripetuto nell’Aula Piovani, c’è esigenza di scovare piccoli “spazi di bene” e impegnarsi per estenderli. Oppure, laddove sia tutto ingombro, ha animatamente ribadito Capuano, si necessita di sradicare il tutto e avere la forza e il coraggio di ricominciare daccapo. Perché il degrado e la delinquenza possono essere debellati, ma con impegno e determinazione. Speranze che solo immagini come quella di una ballerina di danza classica (Saranaomi Giannattasio) che volteggia davanti a un cassonetto dell’immondizia possono infondere. La speranza che forse con la bellezza e l’eleganza il mondo possa un giorno davvero cambiare.

Di Valentina Mazzella

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