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Ecco il perché la “Maddalena giacente” di Canova, come la Gioconda, non spetta all’Italia

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Alla luce del recente ritrovamento della “Maddalena giacente” di Antonio Canova, in molti si sono posti una domanda ricorrente anche per altre opere d’arte: come mai il capolavoro non torna in Italia per essere esposto in un museo? Un quesito in realtà abbastanza ingenuo che necessita di delucidazioni. La prima risposta più immediata è: semplice, perché non funziona così. Procediamo con calma.

La statua da giardino che nelle ultime settimane una coppia inglese ha scoperto essere una scultura di Canova fu in principio realizzata dall’artista su commissione di un privato. Lo stesso autore, dunque, non aveva lavorato il marmo per un museo pubblico. L’opera è stata nei secoli venduta di privato in privato, tra legittimi proprietari. Non è mai stata rubata né sottratta ad alcun patrimonio nazionale. A un certo punto se ne sono perse le tracce perché sui documenti si era cessato di attribuirla al Canova, ma non è stata coinvolta in alcun traffico illecito. La sua vendita all’interno di collezioni private è sempre stata del tutto legale. Non è mai appartenuta allo Stato italiano.

“Maddalena giacente” di Canova dopo il recente restauro.  

Oggi per esporre la “Maddalena giacente” da noi in un museo nazionale non c’entra assolutamente nulla il fatto che l’autore fosse italiano. Se lo desiderasse, lo Stato dovrebbe partecipare all’asta, che si terrà in luglio 2022, e lanciare un’offerta al pari di qualsiasi altro privato per acquistarla regolarmente.

Le opere esposte nei musei statali appartengono allo Stato non in base a un mero principio di nazionalità. Buona parte dei musei statali in Italia sono, per fare esempi e semplificare il tutto, palazzi e castelli appartenuti alle autorità degli Stati pre-unitari conquistati e unificati nel 1861. Detto in soldoni, espulsi e sconfitti i vari sovrani pre-unitari, i loro patrimoni entrarono a far parte del patrimonio dei Savoia. Quando in ultimo, nel 1946, ebbe fine la monarchia, il patrimonio della dinastia passò alla Repubblica. Quanto ritrovato in quei palazzi (quadri, statue, arredamento, documenti eccetera) oggi è esposto come “patrimonio statale”.

Il “Cristo velato” di Sanmartino presso la Cappella di Sansevero a Napoli.

Ciò non toglie che esistono in ogni caso anche i musei privati. Ad esempio a Napoli il “Cristo Velato” di Sanmartino è esposto presso l’incantevole Cappella di Sansevero che è privata ed espone per scelta. A Palazzo Zevallos in via Toledo è esposto il “Martirio di Sant’Orsola” di Caravaggio: il quadro non appartiene allo Stato. Appartiene attualmente al Gruppo Intesa Sanpaolo che ne è proprietario. La banca espone l’opera, la presta anche ai musei nazionali, ma si tratta della scelta e dell’investimento di un privato.

“Martirio di Sant’Orsola” di Caravaggio presso Palazzo Zevallos (Napoli).

Se si va nelle Marche, le abitazioni di Giacomo Leopardi a Recanati (Macerata) sono visitabili, ma sono private. Il palazzo appartiene agli eredi della famiglia Leopardi. Aprire al pubblico è una loro scelta da privati. La Chiesa (come spesso si rammenta con tono polemico) è proprietaria di un immenso patrimonio culturale. La lista degli innumerevoli altri esempi che potremmo offrire è davvero interminabile. Insomma, è statale ciò che lo Stato ha storicamente conquistato oppure ha regolarmente comprato. E spesso nei musei, anche senza saperlo, apprezziamo opere che fanno parte di collezioni private.

Discorso a parte merita il ritrovamento di eventuali reperti perché la legge, secondo l’art. 826 c.c., recita: “Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato (…) le cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo”. In tal caso al massimo il cittadino può avere diritto a una piccola ricompensa in denaro, che corrisponda circa al 25% del valore economico del reperto (o anche meno) a seconda dei casi. Purtroppo, in base a recenti normative del 2008, qualora un cittadino trovasse un reperto nel sottosuolo del suo giardino privato, non è tuttavia da escludere che addirittura lo Stato possa accollargli delle spese degli scavi. Con la promessa di un risarcimento futuro, certo, ma conosciamo tutti i tempi della burocrazia italiana…

La “Gioconda” di Leonardo presso il Museo Louvre (Parigi).

Tornando al discorso incentrato sulla “Maddalena giacente”, in fondo l’equivoco sollevato è lo stesso del dubbio che attanaglia gli italiani da generazioni: perché la Gioconda è in Francia? La Monnalisa è in Francia perché lo stesso Leonardo da Vinci nel 1517 vendette il quadro a Francesco I, il re di Francia, per 4mila ducati d’oro. In quel periodo l’artista si era trasferito lì per vivere in serenità gli ultimi anni di vita. È un falso mito anche quello che racconta del furto di Napoleone durante la campagna d’Italia del 1796. Che ci piaccia o no, all’epoca l’opera era già in Francia da oltre duecento anni! Probabilmente nell’immaginario collettivo è nata questa credenza perché a un certo punto il Museo del Louvre fu effettivamente arricchito con molte opere d’arte italiane portate a Parigi da Bonaparte dopo la spedizione militare di fine ‘700. Tuttavia la Gioconda non era parte del bottino. Era in Francia secondo le volontà dell’autore. Allo stesso modo oggi la “Maddalena giacente” verrà venduta a un privato come desiderò da principio lo stesso Canova nel 1822. Con buona pace delle polemiche superflue.

Di Valentina Mazzella

 

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