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“Il Piccolo Principe”, dall’asteroide B612 al grande schermo

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Recensione – A distanza di poco più di settant’anni dalla prima pubblicazione avvenuta a New York nel 1943 e dalla misteriosa scomparsa di Antoine De Saint-Exupéry tra i cieli e i mari del Mediterraneo, “Il Piccolo Principe” ha inaugurato il 2016 uscendo nei cinema il primo gennaio.

Il libro omonimo, noto a tutti, è una favola scritta in chiave allegorica per grandi e piccini. Racconta la storia di un aviatore che, precipitato col suo aereo in pieno deserto, incontra un enigmatico Piccolo Principe che ha tanti affascinanti aneddoti da raccontare. Il resto è pura poesia.

Oggi la difficile sfida di riportare sul grande schermo il capolavoro letterario è stata colta dallo statunitense Mark Osborne, già regista del successo “Kung Fu Panda”.
Il montaggio è stato eseguito con un mix di scene realizzate con le moderne grafiche d’animazione a computer e altre rese con la tecnica dello stop-motion che catturano visivamente lo spettatore in maniera impareggiabile quando vengono mostrate le peripezie del Piccolo Principe raccontate nel libro. Ottime le musiche di Richard Harvey e Hans Zimmer; in particolare simpatica e briosa “Suis-moi” cantata dall’artista francese Camille che vien da canticchiare anche all’uscita dalla sala.

Non convincono del tutto invece le voci scelte per il doppiaggio italiano, sebbene il film anche sotto questa prospettiva possa vantare nomi importanti come Toni Servillo (l’aviatore), Alessandro Gassman (il serpente), Paola Cortellesi (la mamma), Alessandro Siani (il vanitoso), Stefano Accorsi (la volpe), Pif (il re) e Angelo Pintus (il signor Principe). Sembra che alcune voci stridano troppo con il rispettivo personaggio a cui si prestano.

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Tuttavia ciò che delude maggiormente lo stimatore appassionato de “Il Piccolo Principe” è lo scoprire che il film non sia affatto una trasposizione fedele del romanzo. Come anticipa tranquillamente il trailer, la pellicola racconta soprattutto la storia dell’amicizia che uno stravagante aviatore anziano stringe con una bambina senza nome su cui gravano le pressioni e le ambizioni di una madre schematica e metodica in ogni suo aspetto. Fin qui nessun problema. L’aspettativa era quella di una storia-cornice che riproponesse in modo creativo le vicende che tutti conosciamo regalando loro un valore aggiunto. Stringendo i braccioli della poltrona ci si rende conto, invece, che nel film la favola del Piccolo Principe non sia il fine, ma in un certo qual modo il mezzo per raccontare la storia della bambina che si rivela appunto essere non una narrazione di contorno. Non una storia-contenitore. Insomma, non un pretesto, ma il vero cuore della trama.

E in nome di questa stessa trama “principale” si assiste inermi a un racconto del Piccolo Principe tagliuzzato in alcune parti, sintetizzato in altre… I parametri per operare le mutilazioni sono stati quelli necessari per vagliare ad esempio i personaggi riutilizzabili in una seconda parte del film che mostra un improponibile Piccolo Principe vivo e addirittura adulto. Improponibile per aver confuso la riflessione sull’infanzia offerta da “Il Piccolo Principe” con la paura e il rifiuto della crescita di “Peter Pan” di James M. Barrie. Improponibile perché ha privato l’ometto con i capelli color del grano del suo mistero, quello in difesa del quale Antoine De Saint-Exupéry in vita aveva lottato contro gli editori che pretendevano di farne un’ordinaria storia a lieto fine per bambini.

Al finale Osborne ha finito un po’ in toto con il banalizzare uno dei capolavori letterari del Novecento. Ne ha usato i messaggi senza che la pellicola li interiorizzasse per davvero. Ha ridotto la semplicità della poesia de “Il Piccolo Principe” al solito cartoon buonista per bambini. Si rimane confusi e ci si chiede se ciò sia accaduto per i soliti interessi economici e mediatici o per una sincera interpretazione approssimativa del romanzo. Ma “Il Piccolo Principe” è davvero solo una favola per bambini? No, certo che no. E noi lo sappiamo.

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“L’essenziale è invisibile agli occhi” è uno dei segreti confidati dalla volpe che ha contribuito alla fama del libro di Antoine De Saint-Exupéry. E forse il demerito del film di Osborne è proprio questo: vi manca qualcosa. Vi manca “quell’essenziale è invisibile agli occhi”, ma non la citazione. La citazione, una fra le più note del testo, come avrebbe potuto non esser pronunciata? È il concetto che essa esprime a non essere palpabile mentre si visiona il film. Tutto viene spiegato. Ogni forma di essenziale è stata mostrata, resa visibile. Come per timore di correre il rischio che lo spettatore potesse non capire, potesse “non vedere bene con il cuore”. C’era davvero bisogno di dimostrare che i vari personaggi bizzarri che il Piccolo Principe incontra durante il suo viaggio fossero stereotipi di adulti in cui possiamo imbatterci anche nel quotidiano? La bellezza del romanzo di De Saint-Exupéry non risiede forse proprio nella sua natura follemente e magnificamente irrazionale, ma allegorica in cui ognuno può leggerci una sfaccettatura diversa della vita?

Che riportare la grandezza letteraria di questo classico intoccabile sul grande schermo non fosse impresa facile era prevedibile, ma ci si sarebbe aspettati ugualmente un risultato migliore. Il film, nonostante le critiche fin qui discusse, è nell’insieme gradevole. In un certo qual modo interessante come spunto e rielaborazione del romanzo, ma sicuramente l’ometto dai capelli color d’oro avrebbe meritato, per il suo settantesimo compleanno, un omaggio molto diverso.

Di Valentina Mazzella

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