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La pecora Dolly, ventisei anni dalla sua clonazione

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La vera pecora Dolly conservata presso il National Museum of Scotland.

SCIENZA – Ci sono nomi nella storia – in questo caso nella storia della scienza – difficili da dimenticare. Uno di questi è senza dubbio Dolly, come fu chiamata la prima pecora clonata. Per l’esattezza il primo mammifero clonato con successo a partire da una cellula somatica adulta. Era il 5 luglio del 1996. Sono trascorsi da allora ben ventisei anni e ancora oggi il valore scientifico di Dolly resta indiscusso nella ricerca, dalla biologia alla medicina. La paternità del primato fu del Roslin Institute in Scozia, non molto lontano da Edimburgo. Il gruppo di ricerca fu guidato da Keith Campbell e Ian Wilmut. La scelta del nome “Dolly” fu un omaggio alla cantante country Dolly Parton.

La nascita della pecora Dolly fu annunciata al mondo il 22 febbraio 1997, circa otto mesi dopo. Aprì le porte alla ricerca sulle cellule staminali e sulla conservazione delle specie a rischio. Allo stesso tempo, però, sollevò anche innumerevoli quesiti di natura etica circa le capacità e le possibilità umane. Non mancarono le polemiche. In particolar modo perché di fatto Dolly nacque “già vecchia”, fin da subito come un esemplare dallo sviluppo terminato. Fu clonata infatti a partire da una cellula adulta specializzata, prelevata dal tessuto mammario di una pecora di sei anni di razza Finnish Dorset.

Immagine di una pecora dal web.

Prima di lei altre due pecore erano già state clonate, Megan e Moran. In quegli esperimenti, però, i ricercatori si erano concentrati soprattutto sulle cellule embrionali non ancora differenziate. Tutte le cellule hanno all’interno del nucleo delle informazioni genetiche (il DNA) per replicare un intero individuo. Sia quelle embrionali che quelle adulte. Eppure fino ad allora non era per niente scontata l’idea di provare a clonare un mammifero effettuando un trasferimento nucleare prelevando da una cellula somatica adulta. Il nucleo fu trasferito in un ovulo denucleato di un’altra pecora – di razza Scottish Blackface – e poi impiantato nell’utero di una terza pecora. La stessa che, il 5 luglio, alla fine partorì Dolly, dando uno scossone alla scienza. La pecora ha vissuto per circa sette anni ed è morta il 14 febbraio 2003 per un edema polmonare.

Il corpo di Dolly è stato conservato, imbalsamato e donato dal Roslin Institute al National Museum of Scotland, dove è ancora oggi esposta ai visitatori. La comunità scientifica in realtà ancora si interroga sui suoi problemi di salute e sulla sua durata della vita. Non riesce a stabilire se siano elementi strettamente collegati alla sua condizione di animale clonato o meno. In ogni caso l’eredità lasciata da Dolly in tanti ambiti della medicina è innegabile. Tuttavia il dibattito resta aperto tra coloro che sostengono la sperimentazione e coloro che, invece, temono degli sviluppi imprevedibili. Ad esempio si pensi alla possibilità di portare in vita, attraverso la clonazione, esemplari di qualche specie estinta. Non è raro sentire i ricercatori parlare dei Mammut lanosi per avere l’opportunità di conoscere meglio animali mai visti nel presente e approfondire la storia. Assolutamente un’idea affascinante, ma dal punto di vista etico? Del resto non è un caso se la letteratura e il cinema da sempre sfruttino il tema per produrre storie e riflettere insieme sui vantaggi e le problematiche annesse.

Di Valentina Mazzella 

 

 

 

 

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