Home Caserta La Reggia di Caserta: bene dell’UNESCO abbandonato a se stesso?

La Reggia di Caserta: bene dell’UNESCO abbandonato a se stesso?

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CASERTA – Bella, bellissima. Stupenda. Sempre e comunque. Ma quando parliamo così della Reggia di Caserta sappiamo che ci piace giocare facile. Anche la manutenzione più trascurata e la peggiore delle organizzazioni non potrebbero mai del tutto annientare il fascino della meravigliosa residenza borbonica curata da Luigi e Carlo Vanvitelli nel XVIII secolo. Tuttavia non ci si può neanche deliberatamente coprire gli occhi con del prosciutto e non ammettere che effettivamente la Reggia non stia attraversando il suo momento migliore.

Sebbene di recente si parli spesso bene della nuova gestione di Mauro Felicori per i grandi progetti e le iniziative che sta inseguendo, c’è da dire che la strada è ancora lunga. Quando si dice che i dettagli facciano la differenza non è tanto per polemizzare. Forse a molti è già nota la notizia della recente disinfestazione operata all’interno degli appartamenti storici del Palazzo a causa di alcuni insetti scovati finanche nelle imbottiture delle sedie d’epoca. Sarebbe stato preferibile non arrivare neanche a tale condizione, ma è stato apprezzabile il doveroso provvedimento.

Rammarica invece ancora per molti aspetti l’incantevole parco per la scadente tenuta delle sue strutture e dell’impianto idrico. Oggidì un turista straniero nel mese di agosto – in teoria alta stagione per le visite – si reca alla Reggia di Caserta e constata innanzitutto che il manto erboso promesso dalle foto più celebri sia riservato esclusivamente ai punti nevralgici come il prato all’ingresso, la Fontana Margherita e i Giardini inglese – il contrario sarebbe a dir poco vergognoso. Al posto del verde dell’erba solo arida steppaglia gialla bruciata dal sole. Quando tuttavia si nota che gli irrigatori non vengano azionati e che addirittura le fontane siano chiuse impedendo anche il formarsi delle piccole cascate nel passaggio dell’acqua da una vasca all’altra, il turista se ne fa una ragione. Certo, il carisma del parco della Reggia di Caserta gioca in gran parte proprio sugli effetti dei riflessi a specchio delle sue terrazze d’acqua, ma è facile fare due più due e intuire seduta istante che purtroppo tali restrizioni siano dettate dall’esigenza di non sprecare acqua nel pieno dell’emergenza siccità che purtroppo stiamo attraversando.

I filtri dell’acqua spenti e intasati dalle alghe, le buste e le bottiglie di plastica nelle vasche, il destabilizzante puzzo di acqua putrida in prossimità della Fontana dei Delfini, i pesci morti a galla in putrefazione e la ringhiera rotta del canale che attornia la Castelluccia invece non sono assolutamente giustificabili. Laddove vi è l’inciviltà del troglodita che butta i suoi rifiuti nelle vasche della Reggia dovrebbe esserci anche un personale che con un retino – non si pretende tanto – provveda alla loro rimozione. E non si parla di rifiuti gettati in giornata considerando lo strato di alghe che si era formato sulle buste e quant’altro. Senza contare che scendendo nel Bagno di Venere non è da escludere che a qualsiasi casalinga verrebbe la voglia di passare lo straccio per eliminare le ragnatele che avvolgono le statue che abbelliscono la galleria all’aperto. Anche le cure dei giardinieri in passato sono state molto più efficienti, mentre oggi sembra non ci sia nessuno a spazzare neanche le foglie secche. E che a nessuno importi neanche rimuovere tronchi di alberi caduti lungo i viali ai lati delle vasche che sicuramente non saranno precipitati ieri, ma come minimo in occasione di qualche temporale invernale tanto per stimare approssimativamente da quanto tempo i tronchi giacciano in orizzontale.

Non farebbe poi del tutto male potare e sagomare di nuovo più di frequente le chiome degli alberi dei viali laterali al percorso delle vasche, aggiungere qualche servizio igienico lungo il percorso, aumentare i controlli o rendere visitabile i giardini alle spalle della Castelluccia (la cui ringhiera andrebbe per l’appunto sempre riparata).
Insomma, non si richiede nessuna costosissima grande opera di restauro, ma delle semplici accortezze utili per riportare la Reggia allo splendore di cui godeva anche soli dieci anni fa. Ci sarebbe tutto da guadagnare soprattutto in termini economici invece di lasciare commentare ai turisti stranieri che il posto sia spettacolare, ma conservato male. Del resto si parla di un bene dell’UNESCO, non di roba da poco. Ma forse in fondo è proprio vero che noi in Campania abbiamo mirabolanti bellezze, ma come al solito non sappiamo valorizzarle.

Di Valentina Mazzella

 

 

Galleria di foto di Francesco Palladino:

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