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“La Torre nera”: storia di un’ambizione fallita

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RECENSIONE – Rinunciavano al progetto per paura di rovinare tutto ammisero J. J. Abrams e Damon Lindelof, co-ideatori della serie televisiva Lost, nel 2009. Da appassionati della celebre saga in otto volumi di Stephen King, riconoscevano che la trasposizione de “La Torre nera” fosse un’idea molto ambiziosa. Difficile non combinare un pasticcio. E così è stato. Da un mese nelle sale, la pellicola di Nikolaj Arcel non è stata valutata in maniera magnanima né dalla critica e né dal grande pubblico. Nel buio della sala, fra il profumo di popcorn e il rumore delle patatine masticate, i fan sono destabilizzati dalle differenze con il libro. Soprattutto da quel protagonista cartaceo descritto come Clint Eastwood interpretato sul grande schermo da Idris Elba, nei panni fra l’altro quasi di un personaggio secondario. Sì, perché se la scelta politicamente corretta non fosse bastata a far storcere il naso, tutta la storia è stata banalizzata rendendo principale protagonista del film il giovane Jake. Il resto è da scoprire.

Per chi invece approccia la prima volta all’opera direttamente nella sua trasposizione cinematografica, ma ha già guardato in passato qualche film basato su un soggetto di Stephen King, un tantino di insoddisfazione non tarda ad arrivare anche per lui. Come se il tocco del Re Mida avesse cessato di trasformare in oro tutto quel che tocca. Il film parte infatti in quarta con presupposti intriganti che incuriosiscono lo spettatore alimentando le sue aspettative. Poi la carica iniziale si spegne. Quando l’avventura si fa più d’azione, la pellicola cessa di essere incalzante. Nella seconda parte si trascina annoiando nella sua prevedibilità. Niente più misteri da risolvere, niente suspense, niente colpi di scena. Solo puntini da unire e obiettivi da raggiungere nella maniera più lineare che ci sia. Così da una parte ci si lamenta perché novanta minuti siano troppo pochi per offrire un vero assaggio de “La Torre nera”, dall’altra tuttavia sarebbe stato un fardello protrarre più a lungo la visione di un film che non eccelle certo per originalità, infamia del capolavoro letterario da cui è ispirato.

Di Valentina Mazzella

 

 

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