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Lady Diana: vent’anni fra mito e ricordo

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Quando si dice che i soldi non facciano la felicità, la mente rincorre spesso qualche star tossicodipendente di turno a Hollywood e, con un ghigno cinico, si pensa fra sé e sé che in fondo quest’ultimo l’infelicità se la sia cercata, lo stolto. Magari meditando che noi al posto suo non saremmo così stupidi. Sempre pronti a giudicare il prossimo e ad additare le debolezze altrui come una colpa. È solo retorica, si aggiunge, perché del resto come si dice anche? Meglio piangere su una Mercedes che su un tram. Eppure ci sono storie che ci fanno ricredere. Inevitabilmente. Come quella di Lady Diana. L’ascolti e non puoi fare a meno di constatare che, davvero, non sempre i quattrini riescano a rendere appagante una vita. E lo commentiamo oggi, giorno in cui ricorre il ventesimo anniversario della morte della principessa del Galles morta in un fatale incidente automobilistico la notte fra il 30 e 31 agosto del 1997. Oggi che ne parlano tutti, a tal punto che sembra quasi imbarazzante non aver nulla da dire in merito. Sebbene le opinioni non contino molto e chissà cosa ci sia poi ancora da dire di nuovo che non sia già stato detto negli ultimi due decenni.

Vent’anni di Lady D. Vent’anni del mito di Lady D. Vent’anni senza Lady D. Lady D. Lady Diana. Diana Spencer. Semplicemente Diana. Un personaggio emergente degli anni Novanta, quasi emblema dell’Inghilterra e delle scaramucce della sua monarchia. “La principessa del popolo” è la fortunata espressione coniata da Tony Blair, al tempo Primo Ministro britannico, per definirla. Una principessa triste, una moglie tradita, una donna fragile. Una madre amorevole, un’icona di stile, uno spirito anticonformista, un’anima generosa. Di Diana è stato già detto e scritto di tutto e di più. Le statistiche ammettono che una sua foto in copertina fa ancora vendere più copie di una rivista. E stasera Canale 5 proverà a cavalcare gli ascolti con la trasmissione, dalle 21:15 in poi, del film “Diana, La storia segreta di Lady D.” (2013) di Oliver Hirschbiegel, la cui sceneggiatura è stata basata sulla biografia “Diana: Her Last Love” di Kate Snell (2001). Fra l’altro pellicola giudicata poco credibile dai personaggi della vicenda ancora in vita. A seguire, in seconda serata, il documentario “Diana, nostra madre” in cui i figli William e Henry raccontano la loro infanzia con la mamma.

I più audaci aprono ancora dossier e divulgano dubbio e sospetto sulle strane circostanze in cui la Principessa è morta. Che non si sia trattato di un semplice incidente dovuto all’autista ubriaco e alla vettura in cattive condizioni? Che qualcuno abbia manomesso i freni? Che Diana fosse diventata troppo scomoda per il Palazzo? Che i referti medici scomparsi alla sua morte rivelassero che fosse in dolce attesa di un bambino meticcio indesiderato dalla Corona? E poi le lettere scritte da Lady D in passato in cui immaginava di morire in un incidente stradale perché questo poco sarebbe bastato per permettere a Carlo di sposare Camilla

Intanto oggi la Regina Elisabetta resta confinata a Palazzo, ieri i figli hanno onorato la sua memoria recandosi presso i Giardini Bianchi. La monarchia non preferisce parola. Camilla è stata rivalutata dell’opinione pubblica come una semplice signora di settant’anni, sposa dell’erede al trono. E se sono William e Henry a rappresentare il volto della monarchia britannica moderna che strizza l’occhio ai progetti umanitari, come faceva Diana, forse è proprio la figura di Kate Middleton quella che meglio calza il ruolo di erede morale di Lady D. Solo che Kate riesce a sintonizzarsi allo stesso tempo anche con il protocollo reale, accontentando popolo e monarchia. Noi invece oggi ancora ci stupiamo di chi con tanti soldi decida di investire in battaglie sociali semplicemente perché certe forme di altruismo non sono la norma come dovrebbe essere. Profetiche le parole cantate dall’amico Elton John al funerale di Diana nel testo “Candle in the wind”: “La tua candela si è spenta molto prima di quanto non abbia mai fatto la tua leggenda”.

Di Valentina Mazzella

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