Home Cinema “Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni”: quando un’Alice si ritrova a Narnia

“Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni”: quando un’Alice si ritrova a Narnia

1946

Di Valentina Mazzella 

RECENSIONE – In poche battute: un film bello. Bello bello, ma non bellissimo. “Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni” di Lasse Hallstrom e Joe Johnston, l’ultimo egregio prodotto Disney attualmente in distribuzione nelle sale, è innanzitutto un vero gioiello per gli occhi. La fotografia, l’estetica, i colori, i costumi, gli effetti speciali, le scenografie, le musiche dell’immenso Čajkovskij, le coreografie… tutto squisitamente meraviglioso. Non deludono le ambientazioni natalizie e innevate. Ottima la resa degli scenari bucolici quanto quella degli spazi oscuri e tetri. In particolar modo possono risultare turbanti per i più sensibili le veloci apparizioni del Re Topo e degli scagnozzi di Madre Cicogna nel caso si nutrisse una fobia nei confronti dei topi e dei clown. Indubbiamente le influenze di Tim Burton, che ormai dominano il genere, si avvertono per quanto riguarda la rappresentazione.

Tuttavia “Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni” non è una pellicola da consigliare a chi si aspetta sul grande schermo una trasposizione cinematografica del celeberrimo racconto di E.T.A. Hoffmann. In tal caso è meglio risparmiare i soldi del biglietto e preservarsi da un pugno allo stomaco. La storia narrata è completamente diversa e prende in prestito forse anche meno del dieci per cento della fiaba che noi tutti conosciamo. Si ha più la sensazione di assistere a un esperimento col quale una nuova Alice 2.0 di “Alice in Wonderland” sia stata spedita a Narnia. C’è un momento in cui la protagonista sbuca da un passaggio segreto e si ritrova in un bosco: per intenderci, è lo stesso istante in cui lo spettatore non si stupirebbe di vedere comparire sul manto di neve un fauno. Le dinamiche della diegesi, i colpi di scena e l’approfondimento psicologico dei personaggi destano una forte sensazione di déjà vu. Ormai il canovaccio Disney, nonostante i suoi tentativi di originalità e innovazione nel panorama fiabesco degli ultimi anni, è diventato anch’esso nuovamente ripetitivo, prevedibile e scontato.

La caratterizzazione dei personaggi, le motivazioni che li spingono ad agire in un determinato modo, il reale contributo narrativo di alcuni di essi sono tutti aspetti che la pellicola propone abbastanza “all’acqua di rosa”. Lo Schiaccianoci (Jayden Fowora-Knight) dà il titolo al film, ma in realtà ricopre nella storia un ruolo assolutamente marginale la cui presenza o assenza non fa la differenza. La protagonista è una ragazzina alla ricerca di se stessa che incarna lo stereotipo positivo della principessa che si salva da sola. Eppure, mettendo da parte il lodevole messaggio emancipatorio del film, Clara (Mackenzie Foy) non è un’eroina che stupisca o a cui ci si affezioni particolarmente. Sicuramente più interessanti sarebbero potuti essere i personaggi di Fata Confetto (Keira Knightley) e di Madre Cicogna (Helen Mirren), se non fosse che anch’essi non sono stati per nulla approfonditi. Politicamente corretta, ma anacronistica per il secolo in cui è stata ambientata la storia, è stata invece la scelta di un attore afroamericano per l’interpretazione di un uomo facoltoso dell’Ottocento come lo zio Drosselmeyer, sebbene Morgan Freeman sia impeccabile come sempre.

In conclusione “Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni” è un film da vedere, ma senza l’aspettativa di rivivere il racconto di E. T.A. Hoffman. Unicamente con la voglia di assistere a una storia nuova e ben confezionata, ma non di certo un capolavoro quanto al tessuto della trama. Un prodotto che intrattiene, ma lascia dentro il dubbio se non sia forse vero che guadagnandoci in tecnica alle volte Mamma Disney ci perda in contenuti…

 

 

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