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Partenopeo in esilio.

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Napoli – Ciao mamma, domani parto. 
Vado via dalla città che mi ha messo al mondo e che mi ha insegnato insieme a te cosa significhi amare. 
Un po’ per la lingua, un po’ per conservare una cosa di soldi, un po’ per esperienza e crescita personale. E poi voglio capire come si aziona una lavatrice.
Ci rivedremo presto, torneró a Natale, a Pasqua e il mese di Agosto. 
Sai bene che ai bagni alla Gaiola con gli amici di sempre, ai faló a Miseno in riva al mare e alle passeggiate a Mergellina non riesco a dire addio, statevi bene!
Lascio Napoli con una promessa. 
Di stabilirmi per sempre nella mia città quando saranno state asfaltate le strade. Non ce la faccio più a guidare il motorino con gli occhi per terra e andare ogni mese dal meccanico ad elemosinare un rappezzo.
Quando per parcheggiarlo sulle strisce blu, invece di pagare il grattino, non dovrò dare i soldi ad un pregiudicato che mi viene vicino e mi chiama fratello. 
Si, siamo fratelli. Ma io non ti conosco.
Quando potró accompagnare una ragazza a piedi dopo la mezzanotte per le vie del centro storico, senza dovermi mai voltare indietro.
Quando potró portarla allo stadio, restando in silenzio a guardare la partita, senza rischiare di abbuscare.
Quando usciró di casa e potró scegliere se prendere il pullman o la bicicletta, il tram o la motocicletta. 
Se passa in orario, se passa, se non te la rubano.
Torneró quando il tabaccaio mi lascerà lo scontrino perchè ho comprato un pacchetto di gomme. Non possiamo lasciare che si paghino le tasse solo sui caffè. Al bar si comprano anche i cornetti.
Ho resistito finora perchè ho fatto finta di non vedere, offuscato dalla bellezza di questa città.
Ho salutato chiunque, anche chi non dovevo, come mi hai insegnato tu. 
Il saluto è di tutti, mi dicevi da bambino. “Saluta scostumato!”.
Non voglio salutare più nessuno, voglio scegliere chi salutare.
Voglio guardare a terra e correre a testa alta. Imparare a vivere il rispetto e rispettare la vita degli altri.
Non voglio imparare a campare, voglio campare e basta.

di Jacopo Menna

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