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Variante Delta, il consulente Mario Palermo Cerrone (RCS Italia): “Rivedere lo smart-working per evitare improvvisazioni con ulteriori altalene di chiusure e riaperture”.

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“Così come le aziende si sono strutturate subito per affrontare la fase pandemica, con strumenti come lo smart-working, così stanno tornando con la stessa velocità a un’organizzazione aziendale pre-pandemica. Lo Stato, col perdurare della dichiarazione d’emergenza, avrebbe avuto il dovere di intervenire sull’erogazione del lavoro agile che attualmente continua a essere pressoché improvvisata”. Questa l’opinione del consulente Mario Palermo Cerrone, amministratore di Ricerca Consulenza e Sviluppo Italia (RCS Italia). “La normativa adottata in pandemia, con le deroghe che tutti conosciamo, è datata 2017. Ad oggi è l’unico strumento che abbiamo per gestire l’erogazione del lavoro smart e non si è comportata male, a dir la verità. Ma non possiamo immaginare che future altalene di chiusure, come quelle che la variante Delta ci lascia presagire, possano essere ancora gestite con tale approssimazione”.

Secondo Mario Palermo Cerrone, lo sdoganamento dello smart-working è un “colossale riposizionamento nell’immaginario collettivo delle modalità d’impiego occupazionale, che apre finalmente la strada a un riconoscimento di un lavoro mirato all’obiettivo e non al tempo”.

“L’obiettivo – continua Mario Palermo Cerrone – è la principale questione sulla quale porre attenzione. Oggigiorno, ci sono tantissimi strumenti per misurare gli obiettivi che le aziende hanno bisogno di raggiungere, per poter andare avanti. Di conseguenza non è indispensabile (ovviamente dove la tipologia di  lavoro lo consenta) avere gli occhi puntati sui lavoratori, ma basta semplicemente misurare la produzione. Nel 2021 le aziende dovrebbero essere tranquillamente in grado di misurare così la bontà del lavoro”.

Ma i futuri interventi legislativi non solo devono “normare la modalità lavorativa” calandola nel contesto attuale e nella gestione di fattori emergenziali, ma bisogna allargarla a una revisione dei CCNL. “La rigidità dei contratti a tutela dei lavoratori mette le aziende in condizione di non assumere. Di contraltare, la facilità di aggirarli e di uscire dalle maglie dei CCNL mette i lavoratori in una posizione di scarsa tutela. Il sistema è noto a tutti: occupati ipertutelati contro occupati con zero tutele. Lo smart-working in tal senso è stato un banco di prova: abbattere obblighi di tempi e spazi, se correttamente gestita, è un’opportunità per il lavoratore e per il datore di lavoro. Dobbiamo muoverci in tal senso”, conclude.

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