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“Wanna”, la docu-serie su Wanna Marchi e Stefania Nobile: il ritratto di due maghe delle vendite senza scrupoli ed empatia

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RECENSIONE – Due nomi: Wanna Marchi e Stefania Nobile. Da soli bastano a evocare rabbia e disprezzo di milioni di italiani. La docu-serie che racconta la loro storia al momento è ancora nella Top10 dei prodotti più seguiti su Netflix. “Wanna” è stata ideata da Alessandro Garramone e diretta da Nicola Prosatore. In quattro episodi ricostruisce dalle origini il percorso delle due televenditrici più note della televisione italiana che per anni hanno truffato migliaia di spettatori. La cosa più assurda? Nonostante i processi e la galera, le due donne non manifestano alcun segnale di pentimento.

È soprattutto questa la ragione per cui la decisione di produrre la serie ha attirato una pioggia di critiche e polemiche. In tantissimi sono dell’opinione che non sia assolutamente giusto dare ulteriore risonanza mediatica a due personaggi senza scrupoli. Sostengono che madre e figlia dovrebbero essere abbandonate nell’oblio. In linea di massima si tratta di un pensiero condivisibile. Eppure va riconosciuto che lo stesso principio non viene applicato quando vengono realizzate serie di successo su criminali e killer di vario genere. “Wanna” non si propone come monumento celebrativo a Wanna Marchi e a Stefania Nobile.

La docu-serie propriamente documenta innanzitutto uno spaccato della società italiana dagli Ottanta fino ai primi anni Duemila. Lo fa con dei toni avvincenti da inchiesta. Arricchisce la narrazione con il racconto in prima persona delle due televenditrici che ripercorrono i fatti secondo il loro punto di vista. Tuttavia gli episodi propongono anche le testimonianze di altri personaggi reali coinvolti nelle vicenda: ex-collaboratori, una centralinista pentita, parenti e vittime truffate. La prospettiva viene così capovolta. Non mancano gli interventi di giornalisti e opinionisti. Addirittura anche un’intervista a Mago Do Nascimento che negli ultimi anni lavorò con loro nella vendita dei numeri al lotto e di altri amuleti magici. Wanna Marchi e Stefania Nobile non vengono proposte come un modello da emulare, ci mancherebbe.

“Wanna” indaga sulla storia umana e personale delle due donne. Ad esempio sul vissuto di Wanna Marchi prima che scoprisse la passione per i riflettori, quando era solo la figlia di una coppia di contadini romagnoli che aveva sposato un uomo violento. Le puntate regalano però soprattutto la cronaca della denuncia dei reati in seguito alle primissime inchieste aperte da “Striscia La Notizia” a cura Jimmy Ghione. La serie cerca di dare voce e dignità a tutte le vittime degli inganni, delle truffe, delle minacce e delle manipolazioni perpetuate dalle due donne. Ciononostante madre e figlia non rivelano la benché minima forma di empatia verso coloro a cui di fatto hanno rovinato la vita, non solo economicamente. 

Wanna Marchi e Stefania Nobile approfittavano dell’ingenuità e della buona fede del prossimo per trarre vantaggi. Erano disposte a vendere concretamente anche il nulla – come la fortuna – pur di guadagnare. Ancora oggi le due televenditrici – come dicevamo – non si ritengono colpevoli. Continuano a insultare le vittime negando qualsiasi forma di rispetto per le fragilità altrui. Ne fuoriesce il ritratto di due personalità spregevoli, incredibilmente avide e prive di coscienza. Anche se effettivamente nelle vendite e negli affari erano portentose. Un esempio di intelligenza e astuzia al servizio del male. La loro capacità persuasiva sul pubblico a casa era di grandissimo impatto.

Quest’ultimo è un aspetto non da poco che solleva oggi innumerevoli riflessioni sulla capacità trascinante anche di certe sedicenti influencer attuali che sui social cercare di rifilare ai followes “bibitoni” e prodotti miracolosi millantando proprietà eccelse. Il mercato ha naturalmente cambiato i mezzi e i metodi di comunicazione, ma alcuni pericoli restano sempre in agguato. Ripescare le vicende di Wanna Marchi e figlia, dunque, non serve unicamente a indignare gli italiani e a intrattenere i curiosi. Può servire anche da monito affinché in futuro sia più facile smascherare truffe virtuali e reati dello stesso calibro.

Di Valentina Mazzella

 

 

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