Irma Bandiera, simbolo della Resistenza che scelse il silenzio e la morte per la libertà altrui

In onore del 25 aprile, oggi rivediamo la storia di Irma Bandiera, una partigiana in lotta contro il male dei nazifascisti.

Nell’agosto del 1944, mentre l’Italia era ancora spezzata tra guerra e Resistenza, una giovane donna di 29 anni compiva la sua ultima missione per la libertà. Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”, stava tornando da Castel Maggiore dopo aver consegnato armi e documenti cifrati a una formazione partigiana nei dintorni di Bologna. Ma non arrivò mai a casa. Fermata a Funo d’Argelato su segnalazione, venne arrestata da una pattuglia tedesca e consegnata ai fascisti.

Il suo nome è oggi tra i simboli più forti della Resistenza italiana. Nata a Bologna nel 1915, in una famiglia benestante, Irma avrebbe potuto scegliere la via più semplice: sfollare, mettersi in salvo, aspettare la fine della guerra. Invece decise di restare e di lottare. Si avvicinò ai circoli antifascisti, si iscrisse al Partito Comunista e divenne staffetta per la 7ª Brigata GAP “Gianni”. La sua intelligenza, discrezione e determinazione la resero perfetta per missioni delicate, come il trasporto di armi e documenti, spesso sotto gli occhi di chi mai avrebbe sospettato di lei. Nessuno, nemmeno i suoi familiari, sapeva cosa stesse facendo.

Dopo l’arresto, Irma fu trasferita nella caserma di San Giorgio di Piano e poi condotta a Bologna, nella mani della famigerata Compagnia Autonoma Speciale, guidata dal capitano fascista Renato Tartarotti. Il loro obiettivo era chiaro: farle decifrare i documenti segreti e ottenere nomi, luoghi, piani della Resistenza. Per sette giorni fu torturata brutalmente. Percosse, sevizie, accecamento. Ogni tipo di violenza fu usato per spezzarla.

Alla fine, Irma fu portata davanti alla casa dei suoi genitori. Un ultimo, crudele tentativo per piegarla, facendo leva sugli affetti. Anche lì, rifiutò di parlare. Fu fucilata il 14 agosto 1944, sotto casa. Il suo corpo fu lasciato per l’intera giornata all’angolo tra via Saragozza e via dell’Osservanza, come monito per la città. Ma quel gesto non generò paura: alimentò rabbia, orgoglio e memoria.

Pochi giorni prima di morire, Irma riuscì a scrivere una lettera che la madre ricevette dopo la sua esecuzione. Parole semplici e potenti, che ancora oggi raccontano il senso profondo del suo sacrificio:

“Ditele che sono caduta perché quelli che verranno dopo di me possano vivere liberi come l’ho tanto voluto io stessa. Sono morta per attestare che si può amare follemente la vita e, insieme, accettare una morte necessaria.”

Irma Bandiera fu una delle prime donne partigiane torturate e uccise in Emilia-Romagna. Dopo la guerra, le fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Oggi molte strade, scuole e piazze portano il suo nome. Ma il suo esempio vive soprattutto nella memoria collettiva di chi crede ancora nella libertà, nella giustizia e nel coraggio.

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