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Ancelotti salvato dal suo passato

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di Mario Civitaquale

Napoli Siamo sempre stati i primi a dire che le valutazioni devono essere fatta a fine campionato, non dopo due mesi.

Siamo sempre stati tra quelli che hanno provato a giustificare, soprattutto l’anno scorso, Carlo Ancelotti.

Ma, adesso, per onore di verità dobbiamo presentare i numeri di inizio campionato.

Erano anni che il Napoli non aveva così pochi punti dopo undici partite.

Tre sconfitte, tra pareggi e cinque sole vittorie, di cui due in sofferenza estrema (Brescia e Fiorentina), e tre con le neopromosse (Brescia, Verona e Lecce).

Una squadra che ha convinto, come gioco, solo in due, forse tre partite: Liverpool, Salisburgo e Atalanta.

Una squadra che, dopo le presunte ingiustizie del turno infrasettimanale, doveva mangiare l’erba all’Olimpico e invece rischiava di andare sotto 2-0 dopo ventisei minuti, senza mai tirare in porta.

Una squadra che dovrebbe rappresentare una città fatta di gente abituata a lottare, che cammina a testa alta, che dà tutto. Un popolo che ha coniato non a caso il termine cazzimma.

E invece è apatica, abulica, senza grinta né idee, a volte, spiace dirlo, senza attributi.

Una squadra che dopo circa sessanta partite giocate con Ancelotti non ha un gioco.

Una squadra che non ha mediani di ruolo né registi ma solo mezzali o addirittura trequartisti adattati in un modulo non loro. E questo stato di cose era già chiaro a mercato estivo aperto.

Una squadra troppo qualitativa per stare quasi a metà classifica.

Una squadra che, dopo undici giornate, è ad una distanza considerevole dal terzo e probabilmente anche dal quarto posto. Ad una distanza eccessiva dal secondo posto e addirittura abissale dal primo posto. Obiettivo dichiarato del tecnico.

Una squadra che tra Spal, Atalanta e Roma avrebbe potuto e dovuto fare dai sette ai nove punti, ne ha fatti solo due.

Una squadra che corre pochissimo e lotta anche meno.

Parliamoci chiaramente, se Ancelotti non fosse Ancelotti, se ci fosse qualsiasi altro tecnico, starebbe da stasera già a spasso.

L’arbitro, il palo, la traversa, le fatiche di coppa, gli infortuni. Basta così.

Il Napoli è questo. Senza gioco né anima.

Tranquillo e pacioso come il suo allenatore.

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