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“I briganti napolitani”

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“Briganti” Γ¨ il titolo della nuova fiction, uscita in questa settimana su Netflix, che giΓ  risulta essere un grande successo. Con un mix di realtΓ  e finzione, la storia narra del periodo subito dopo l’unitΓ  d’Italia al sud. La serie ricalca il film del 1999 del regista Pasquale Squitieri “Li chiamarono briganti”, dove vengono esposte le lotte tra gli “invasori piemontesi” e i “napolitani”, cosΓ¬ definiti per specificare la gente del sud. Lasciando da parte gli sceneggiati e i film, chi erano veramente i briganti?

Il termine “brigante” viene inteso come sinonimo di “bandito”. I briganti sono sempre esistiti, dai tempi piΓΉ remoti, ma i soggetti non hanno avuto sempre le stesse caratteristiche. I briganti post-unitari, infatti, oltre ai classici banditi rurali, erano una coalizione di renitenti di leva, legittimisti borbonici e contadini disperati. Pertanto, dopo la proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), il tradizionale brigantaggio assunse anche la caratteristica di insorgenza sociale.

La reazione violenta era dovuta principalmente dalla mancata promessa del neonato Stato di ridistribuire la terra ai contadini e dalla gravitΓ  dei carichi tributari. Nell’aprile del 1862, i briganti di tutto il Napolitano erano circa 80.000 uomini.

Lo Stato italiano rispose con la Legge Pica (dal nome del suo promotore, il deputato Giuseppe Pica), in base alla quale nelle province del sud vennero istituiti tribunali militari e si autorizzavano le fucilazioni immediate dei ribelli. Ci vollero circa 120.000 uomini (metΓ  della forza armata italiana) e migliaia di morti da ambo le parti, italiani e napolitani, affinchΓ© i briganti cessassero la loro guerriglia.

Uno dei testi accademici piΓΉ accreditati sull’argomento Γ¨, senz’altro, “Storia del brigantaggio” di Franco Molfese, nelle cui pagine iniziali, narrando la natura criminale dei briganti, l’autore accenna a chi brigante lo divenne per necessitΓ : “[…] ma molti altri furono posti dalle circostanze e dalla societΓ  in cui vissero, dinanzi all’alternativa di vivere in ginocchio o di morire in piedi”.

Saluti cordiali,

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco (NA).

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