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La punta del cornetto confezionato fa davvero male?

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Con l’estate in corso c’è un’informazione che rimbalza spesso da una testata all’altra: non è corretto mangiare la punta di cioccolato del cono gelato confezionato perché fa male. Ma è vero o sarà l’ennesima bufala del web? Ebbene, la notizia sarebbe attendibile e avrebbero un fondamento scientifico. Il primo ad affermarlo pare sia stato nel 2016 il professore olandese Bert Weckhuysen dell’Università di Utrecht, esperto chimico inorganico. Ciononostante negli ultimi sei anni il mercato dei gelati non è cambiato e il prodotto in questione non è uscito dal commercio.

Questo perché propriamente la punta del cornetto confezionato non è salutare, ma non è neanche un alimento altamente tossico. Bando agli allarmismi e spieghiamo. Il cioccolato all’interno della cialda dovrebbe essere troppo solido come un cioccolatino, in quanto conservato nel congelatore, oppure potrebbe essere troppo liquido come il cioccolato fuso. Per evitare i due estremi e raggiungere un equilibrio intermedio si ricorre a un processo di idrogenazione. In questo modo nella punta del cornetto si accumula un concentrato di grassi saturi i quali scientificamente fanno male alla salute. Di tratta infatti di sostanze che fanno aumentare il colesterolo cattivo.

Per dare un’idea l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di consumare al massimo il 10% delle calorie quotidiane sotto forma di grassi saturi. Consiglia sempre di sostituirli quando è possibile con grassi polinsaturi e monoinsaturi, ossia quelli che sono ad esempio presenti nell’olio d’oliva o nel pesce. Inoltre, come se non bastasse, i gelati confezionati sono ricchi di zuccheri e di conservanti. 

Per questi motivi si suggerisce di limitare al massimo il consumo della fantomatica punta del cornetto confezionato tanto amata da moltissimi. E non solo! Si invitano i consumatori a preferire i gelati artigianali perché in primis il cioccolato all’interno della cialda di norma è fuso, non idrogenato. E allo stesso stesso la produzione è fuori dagli schemi industriali e insegue modelli e sapori più genuini.

Di Valentina Mazzella

 

 

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