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L’emergenza sociale ed educativa delle dipendenze patologiche: dibattito al Centro Giorgio La Pira di Pomigliano

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POMIGLIANO D’ARCO – Cosa sono le dipendenze patologiche? Da quali cause scaturiscono? Ci sono soluzioni o forme di prevenzione? Sono le domande su cui al Centro Giorgio La Pira lo scorso venerdì 29 novembre ci si è soffermati a riflettere per approfondire questa emergenza sanitaria ed educativa che in maniera sempre più insistente angoscia la società odierna. La premessa è stata semplice: bisogna rimuovere dalla mente l’idea che le uniche dipendenze possibili siano quelle da sostanza. Il professor Gaetano Pugliese, Presidente nazionale del Mieac (Movimento di Impegno educativo di Azione Cattolica) ha aperto il dibattito spiegando non a caso come le tradizionali dipendenze più note si stiano evolvendo e come accanto ad esse stiano nascendo nuove dipendenze tecnologiche, ludiche, sessuali, estetiche, professionali e sociali. E mentre risulta più facile riconoscere ad esempio un tossicodipendente, un po’ meno è comprendere che un soggetto sia gravemente soggiogato invece dallo shopping compulsivo.

Allo stesso modo nell’era digitale sembrano considerati erroneamente normali anche certi insani attaccamenti morbosi ai dispositivi tecnologici che talvolta impediscono alla persona lo svolgimento di altre attività più primarie. In questo modo, spiega il professor Pugliese, l’uomo diventa schiavo delle proprie creazioni. Sempre più di frequente cessa di pensare lasciando che sia la tecnologia a funzionare al posto della mente umana. Si nasconde la verità addirittura a se stessi per giustificare le proprie debolezze e non ammettere di non essere in grado di rinunciare a certi dispositivi in alcun caso. Ci si autoinganna come la volpe nella celeberrima favola di Esopo in cui l’animale accusò l’uva di essere acerba. Accade lo stesso quando si diventa vittima di pensieri ossessivi e frustrazione. Per Papa Francesco, ricorda il professor Pugliese, le dipendenze sono una prigione. Credere di uscirne da soli è utopia. “Non si risolvono i problemi guardandosi allo specchio” spiegava il pontefice durante un’intervista a Tokyo.

E lo sapeva bene anche Don Milani quando asseriva: “Pretendere di risolvere i problemi da soli è egoismo. Risolverli insieme è politica“. Pertanto per affrontare questa incalzante emergenza si avverte l’esigenza di fare unità, di collaborare. Convinzione fondamentale condivisa anche dagli altri relatori. Sono infatti intervenuti nel dibattito Francesco Cassese (Responsabile Ser.D. di Pomigliano d’Arco ASO NA 3 SUD), Maria Rosaria Abruzzese (Dirigente Psicologo Ser.D. di Pomigliano d’Arco ASL NA 3 SUD) e Domenico De Cicco (Dirigente Medico Ser.D. di Pomigliano d’Arco ASL NA 3 SUD).

Sono state analizzate le svariate casistiche in cui un individuo precipita in un baratro di dipendenza a causa del quale perde il controllo delle proprie abitudini e della propria vita, allontanandosi progressivamente dalla vita sociale per cadere in un circolo vizioso in cui il problema diventa sempre più grande. Per questo esistono alternative all’oblio come i servizi socio-sanitari istituiti dalle ASL che offrono alle persone una possibilità, una via di fuga. Chi ha bisogno può rivolgersi al Ser.D. (Servizio Dipendenze) dove un equipe di medici e psicologi è a disposizione per aiutare il paziente a rialzarsi. Il tutto tutelando la privacy del cittadino ai sensi della legge. Quello delle dipendenze è purtroppo un campo minato, ma è possibile oltrepassarlo. Solo per eseguire una diagnosi attenta si necessita di minimo sei mesi di osservazione, ha sottolineato il Dottor De Cicco, per soppesare le abitudini dell’individuo e valutare bene tutti gli aspetti. A seconda delle circostanze segue poi la scelta di un percorso riabilitativo di tipo medico con la somministrazione di farmaci accostato sempre a un percorso motivazionale o di un percorso riabilitativo con un sostegno di natura solo psicologica-motivazionale.

Chi inciampa nella trappola delle dipendenze? Può capitare a tutti. Nessun alieno. Spesso si tratta di persone con fragilità emotive che hanno cercato compensi nelle dimensioni sbagliate. Non sempre la famiglia si rivela essere il nido di amore e protezione che ci si aspetta. La società cresce, le persone sono più connesse tra loro, ma allo stesso tempo più sole. Per questo certe problematiche dovrebbero farci riscoprire l’importanza della cura del prossimo. Non solo perché un domani potremmo essere noi quel prossimo, oppure nostro fratello o nostro figlio. Soprattutto perché siamo umani e non dobbiamo dimenticarlo. L’indifferenza e l’insensibilità sono una grave minaccia per la nostra società. Ledono la dignità e la libertà, valori che vanno difesi per garantire la sopravvivenza di quel senso di umanità che ancora ci è rimasto. 

Di Valentina Mazzella

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