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“L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido, il film sul tormentato pittore che meritavamo

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Locandina del film.

RECENSIONE – Portare sul grande schermo un personaggio complesso quale fu Michelangelo Merisi, detto “il Caravaggio”, non era una sfida semplice. Ciononostante “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido è nel suo target un film molto ben riuscito. Racconta la biografia del pittore con un ritmo svelto e serrato ricorrendo all’espediente più classico del genere thriller: la vita dell’artista viene ricostruita durante un’indagine sul suo passato dissoluto. Vari episodi significativi vengono evocati da dei testimoni e ricomposti come i pezzi di un puzzle. Ne fuoriesce il quadro di un uomo tormentato, ribelle, impetuoso. Un pittore ossessionato dalla ricerca della verità, dal desiderio di scardinare il tradizionale rapporto tra sacro e profano. Un amante carismatico, focoso, sregolato. Un credente appassionato dei Vangeli, compassionevole con gli ultimi.

La regia di Michele Placido è accurata, armoniosa. La sceneggiatura è stata scritta da Placido insieme a Fidel Signorile e a Sandro Petraglia. La fotografia ha un’ottima estetica e, immancabilmente, spesso strizza l’occhio ai giochi di luci e ombre che notoriamente contraddistinguono lo stile pittorico caravaggesco. Le scenografie, i costumi di scena e il trucco trasportano magnificamente il pubblico nei primi anni del Seicento italiano. Fiore all’occhiello per garantire l’effetto sono i dialoghi interpretati qua e là con accenti un po’ antiquati. Almeno quanto basta per rendere l’idea di una lingua in evoluzione e dei particolarismi parlati nella penisola. Non manca in ciò, volutamente, anche un certo piglio orientato a una sana teatralità.

Durante la narrazione appaiono alcuni personaggi storici altrettanto significativi per raccontare il periodo storico. Sono momenti emozionanti e ricchi di pathos. La vita di Caravaggio (Riccardo Scamarcio) si intreccia, ad esempio, con quella di San Filippo Neri (Moni Ovadia) presso la Chiesa di Santa Maria della Vallicella di Roma. Il pittore, nel film, conosce il frate domenicano Giordano Bruno (Gianfranco Gallo), condannato per eresia al rogo in piazza Campo dei Fiori il 17 febbraio del 1600. L’interpretazione di Gallo è a dir poco strepitosa: struggente, viva. Incontriamo addirittura una giovanissima Artemisia Gentileschi (la bravissima Lea Gavino, di recente già alla ribalta nel ruolo di Viola in SKAM Italia 5).

L’interpretazione di Riccardo Scamarcio nei panni del protagonista è notevole. La produzione, insomma, gode di un cast davvero di valore. Lo stesso Michele Placido veste la tonaca del Cardinal Del Monte. A seguire vediamo Micaela Ramazzotti come Lena (Maddalena) Antonietti e Lolita Chammah come Annuccia (Anna) Bianchini: le attrici interpretano due delle prostitute più note che si prestarono al Caravaggio come modelle. Isabelle Huppert è la Marchesa Costanza Colonna, il rapper Tedua è Cecco, Vinicio Marchioni è Giovanni Baglione, Louis Garrel è L’ombra che segue Michelangelo Merisi. Abbiamo poi Alessandro Haber (mendicante e modello del Merisi), Maurizio Donadoni (Papa Paolo V), Lorenzo Lavia (il pittore Orazio Gentileschi), Carlo Giuseppe Gabardini (Onorio), Brenno Placido (Ranuccio Tommasoni).

Lea Gavino nel ruolo di Artemisia Gentileschi. Foto dal profilo Instagram ufficiale dell’attrice (@leagavino).

“L’ombra di Caravaggio” è un buon prodotto cinematografico. Ricco di cenni storici, cultura e filosofia. Le inesattezze e le licenze artistiche non sono molte. Ad esempio, al di là della toccante perfomance di Gallo, le fonti asseriscono che il Merisi non incontrò mai Giordano Bruno di persona. Probabilmente però conobbe la sua parabola attraverso delle conversazioni con il Cardinal Del Monte. Spiace, invece, per la scelta di non dare peso al personaggio di Fillide Melandroni: la donna fu amica della Bianchini, nonché anche lei prostituta e modella del Caravaggio. Storicamente si accredita di solito che il Merisi uccise Tommasoni proprio per lei. I due furono rivali in amore. Probabilmente vi erano alla base anche altri motivi economici e politici, ma parliamo dell’omicidio che costò al Caravaggio la condanna per decapitazione da cui è poi scappato fino alla morte.

Il film valorizza l’estro creativo del pittore, massimo esponente della corrente del Naturalismo che aprì le danze dell’arte moderna. Racconta la genesi dei suoi quadri più famosi. Esalta l’ardore e la passione con cui il Merisi si impegnava nella loro realizzazione. Da una parte “L’ombra di Caravaggio” evidenzia un temperamento furioso e veemente che creò al pittore innumerevoli problemi con la legge. Dall’altra un genio artistico travolgente e avanti con i tempi. L’arte ha nella pellicola una posizione di preminenza con lunghe inquadrature sulle opere e sui dettagli. I rimandi sono puntuali. Si celebra l’eccezionale talento del Caravaggio, quello che lo ha reso immortale nonostante sfidasse la morale dell’epoca dipingendo prostitute, ladri e mendicanti come Santi e Madonne in un’estenuante percorso di ricerca del vero.

Di Valentina Mazzella

 

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