Home Cultura "Resocunto" la commedia sull'arte e la napoletanità presentata da i "Naviganti InVersi"

"Resocunto" la commedia sull'arte e la napoletanità presentata da i "Naviganti InVersi"

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NAPOLI – I “Naviganti InVersi”: una compagnia di guitti che si ritrova a dover recitare, come da tradizione della commedia dell’arte, in strada. La compagnia racconta la sua verità attraverso “Pascariello surdato cungedato” di Antonio Petito. La farsa, in un atto unico, protagonista è Pascariello, giovane soldato in congedo che nell’arco della sua semplice vita affronta diveree peripezie per rivedere la propria amata. In suo aiuto, un elemento classico della commedia dell’arte: il travestimento. Una macchina comica che dà vita a una serie di equivoci e gag divertenti,  giovane soldato in congedo che, per andare a trovare l’amata Mariella, affronterà numerose disavventure, arrivando persino a travestirsi da donna e ad essere scambiato per la madre di un bambino. Una denuncia dell’Unità d’Italia e dei suoi aspetti negativi. Un festa o, forse più semplicemente, un modo allegro per denunciare l’impossibilità di oggi di comunicare da parte degli attori, degli autori e dei registi, non ancora nella condizione di fare il loro mestiere. Lo spettacolo non ha però di queste pretese, preferisce piuttosto far ridere alla maniera dei commedianti dell’arte. “Più di una volta mi sono cimentato, in veste di attore, in opere di Petito o di Scarpetta e i miei studi da autodidatta, con il maestro Michele Danubio, partono proprio da qui, dalla commedia dell’arte. Il Maestro mi ha trasmesso tutte le sue conoscenze, come gli artigiani di un tempo, perché di questo parliamo, no?! Di un’arte, di un mestiere”.  “Pascariello surdato cungedato” di Antonio Petito,  fa da cornice una storia semplice, che rappresenta la vita dei commedianti dell’arte e che, paradossalmente, a distanza di secoli, rispecchia la vita dell’attore, dell’autore e del regista di oggi. Ancora, per attuare l’opera di denuncia, contestualizzata nell’800, la ricerca drammaturgica non poteva limitarsi agli avvenimenti storici che noi tutti conosciamo, relativi all’Unità d’Italia e al periodo che la seguì, ma dar voce a personaggi come gli attori che inscenavano le proprie accuse contro i potenti, approfondire gli avvenimenti e i fatti di cronaca. L’intento “registico” è proprio quello di tracciare una linea che parta dai commedianti dell’arte, passi per la commedia borghese e arrivi a noi. Le maschere della commedia dell’arte si trasformano, quindi, in personaggi del periodo storico nel quale è ambientata la commedia, ma con un approccio attoriale e registico moderno. Si crea dunque una continuità di tradizione e d’innovazione della maschera e, in particolar modo, dell’approccio alla materia. Non si poteva pretendere, come fanno in molti, di mettere in scena la commedia così come la inscenavano i guitti o i commedianti dell’epoca, si è preferito, piuttosto, mantenere le loro tecniche: il canovaccio, il repertorio d’attore, così come il copione scritto e la canzone di tradizione, il lazzo e il frizzo ma, cosa più importante, la denuncia. In conclusione, si è voluto creare uno spettacolo alla maniera dei commedianti dell’arte: comico, divertente, ma che rispecchi la vita di oggi e faccia il resoconto della situazione, attraverso una storia, un racconto,”nu cunto”.

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