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ACQUEDOTTO ROMANO DI EPOCA AUGUSTEA SCOPERTO PER CASO TRAMITE UNA BOTOLA: SPERANZA DI RISCATTO PER IL RIONE SANITA’.

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NAPOLI – Era il 2011 quando nel quartiere napoletano della Sanità è stata rinvenuta una maestosa costruzione composta da due archi e da piloni di diversa fattura senza però comprenderne a pieno l’identità storica. Il tutto era avvenuto in maniera casuale sotto al Palazzo Peschici – Maresca in via Arena nel cui seminterrato Ciro Galiano dell’associazione “Riformisti nel Mezzogiorno” era andato a fare un sopralluogo per conto dei proprietari, l’Arciconfraternita dei Pellegrini. Dei dubbi su un possibile cedimento del solaio guidarono Galiano presso una botola che gli permise in realtà di affacciarsi su un ritrovamento incredibile: una ghiera ad arco. Per ben quattro anni studiosi ed esperti si son interrogati e messi d’impegno per capire di cosa si trattasse di preciso senza venirne però a capo. Poi pochi giorni fa finalmente una risposta, una soluzione all’enigma. La scoperta archeologica è sensazionale: quello che è stato riportato alla luce è un tratto dell’antico acquedotto romano realizzato in epoca augustea per collegare le fonti del Serino alla piscina Mirabilis a Bacoli percorrendo circa 150 metri. Ad assumersi ovviamente il merito del ritrovamento le associazioni “Vergini Sanità”, “Celanapoli” e “Riformisti nel Mezzogiorno”.

La struttura, in gran parte intatta, presenta lungo le pareti un impianto elettrico che rivela come l’ambiente sia stato nel corso del Novecento sfruttato già come rifugio antiaereo. Il che rende quasi assurdo, o perlomeno bizzarro, il fatto che lo spazio sia passato così a lungo inosservato e addirittura finito nel dimenticatoio fino al 2011. In ogni caso perlustrando i resti notiamo sopra il canale di scorrimento e a destra un’arcata di età augustea realizzata con delle tegole che seguono perfettamente lo stile dell’arcata dei Ponti Rossi. Sulla sinistra invece appaiono degli archi in laterizio risalenti con buone probabilità all’epoca successiva.

Adesso che non resta che mobilitarsi per ripulire la ghiera da alcuni detriti e rifiuti accumulati nel tempo che impediscono il passaggio nei sotterranei. C’è abbastanza da lavorare per rendere il tratto dell’acquedotto fruibile al pubblico, riorganizzando magari meglio anche il resto del traffico del rione. Non mancano ovviamente gli approfondimenti di ricerca da parte dell’Università Federico II e dell’Ordine degli ingegneri di Napoli. I fondi e i finanziamenti scarseggiano per il momento, motivo per cui si sta procedendo affidandosi non solo a pubblici, ma anche a privati. Tuttavia non bisogna demordere. Nell’aria si respirano speranza e determinazione. In previsione del gran numero di turisti che il sito archeologico potrà sicuramente attirare, ci si rianima. Per la Sanità finalmente un’occasione di riscatto mettendo per una volta da parte i tristi episodi di cronaca e sangue a favore di un’immagine più pulita con un suo posto all’interno del panorama culturale, artistico e archeologico della città d’arte partenopea.

Di Valentina Mazzella

 

 

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