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Da Parthenope a Napoli

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Benvenuti all’ appuntamento con la rubrica “π‘΅π’‚π’‘π’π’π’Š π’‚π’π’•π’Šπ’„π’‚: π’”π’•π’π’“π’Šπ’‚, π’‚π’π’†π’…π’…π’π’•π’Š 𝒆 π’„π’–π’“π’Šπ’π’”π’Šπ’•π’‚'”

Molti credono che Parthenope non sia mai esistita; ma la figura allegorica di un paese ameno e delizioso, abitato da un popolo dotato di grande genio, reso molle perΓ² dalla ridente amenitΓ  del cielo e dall’abbondanza del suolo, trova riscontro nella traduzione in lingua fenicia della parola “Parthenope”: cielo lieto e felice.

Inoltre esiste un’altra allegoria proveniente dall’Egitto, ovvero: alcuni sacerdoti spiegarono simbolicamente la triplice voluttΓ  dei nostri sensi, la musica, il vino e l’amore; ciΓ² produsse una favola con i nomi delle sirene Parthenope, Leucosia e Ligea.

In ogni modo, dopo qualche tempo dalla fondazione di Parthenope, una terribile peste afflisse i suoi primi abitanti, che costretti si videro abbandonare la loro patria.

Secondo le credenze del tempo, la peste sarebbe cessata quando gli abitanti fossero ritornati in cittΓ .

Al ritorno degli abitanti in città, Augusto sostituì il nome Napoli (cioè, nuova città) a quello di Parthenope.

“Parthenope a Parthenopis sirenis, sepulcru quam Augustus Neapolim esse maluit”. Parthenope, cosΓ¬ detta dal sepolcro della sirena Parthenope, che Augusto volle piuttosto che si chiamasse Napoli.

Saluti cordiali e Buon Natale!

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco.Β 

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