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Un bambino napoletano ad Auschwitz

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Benvenuti al nuovo appuntamento della rubrica: “π‘΅π’‚π’‘π’π’π’Š π’‚π’π’•π’Šπ’„π’‚: π’”π’•π’π’“π’Šπ’‚, π’‚π’π’†π’…π’…π’π’•π’Š 𝒆 π’„π’–π’“π’Šπ’π’”π’Šπ’•π’‚'”.

Sergio De Simone era un bimbo napoletano del Vomero, un quartiere di Napoli. Abitava con il papΓ  Edoardo, ufficiale di Marina – anch’egli di Napoli – e la mamma Gisella, nata in Ucraina e di origine ebraica.

Nato nel 1937, il piccolo Sergio fu arrestato insieme alla madre il 21 marzo 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale. La madre e il figlio furono uniti al gruppo dei deportati in partenza il 29 marzo per Auschwitz, nome tedesco della cittΓ  di Oswiecim, situata nella Polonia meridionale.

Arrivati al campo di concentramento, il piccolo Sergio fu subito separato dalla madre ed assegnato alla “baracca dei bambini” destinati alla morte immediata, tranne pochissime eccezioni assegnate alla sperimentazione.

Josef Mengele era il medico che, in quel periodo, si trovava proprio nell’area di Auschwitz per condurre esperimenti di eugenetica su centinaia di migliaia di detenuti. In una fredda mattina di novembre del 1944, costui entrΓ² nella baracca dei bambini e disse: “Chi vuole vedere la mamma, faccia un passo avanti!”.

Il piccolo Sergio cadde nel tranello e fece un passo in avanti, insieme ad altri diciannove bambini. Essi furono trasferiti al campo di concentramento di Neuengamme, in Germania, e usati come cavie di laboratorio. Fu, infatti, loro iniettato il virus della tubercolosi. Storditi con la morfina, i bambini furono impiccati nella scuola di Bulenhuser Dam.

Ogni anno, il 27 gennaio, nella Giornata della Memoria, viene deposto un mazzo di fiori accanto alla “pietra d’inciampo” di via Morghen nΒ° 65,Β  a Napoli, dove viveva il piccolo napoletano.

Β Saluti cordiali,

Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco (NA).

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