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Una turista a Parigi – istruzioni per l’uso

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E se è vero che un weekend nella Ville Lumière non è abbastanza per scoprirne gli angoli, è abbastanza per spalancare la finestra di un piccolo hotel nel cuore di Montmatre e lasciare entrare la vie ne rose, come amava tanto dire Audrey Hepburn in “Sabrina”. Fosse anche solo per il profumo del pain au chocolat che ti sveglia al mattino – meglio ancora se è quello di Polaine – per le baguettes della boulangerie con le tende rosse all’angolo della strada che spuntano dai sacchetti della spesa. Per i tavolini di un caffè qualsiasi e per tutte le storie d’amore che hanno visto nascere. Fosse anche solo per l’allure dei carrè senza tempo sotto i baschi color pastello. Per i coiffeurs e per quello nel Marais – oggi un angolo di vintage. Fosse anche solo per perdersi tra i boulevards, per i macarons di Laduree e per quelli di Pierre Hermé. Per la cioccolata calda di Angelina (con posate, stucchi e specchi annessi) e per le madeleines di mesdemoiselles madeleines. Per i profumi artigianali di Le Labo Paris – fosse anche solo per le sue etichette personalizzabili – che forse è il modo e il tempo giusto per dirlo quel ti voglio bene. E per tutti i bouquinistes sulla banchina della Senna, per scovarla quella vecchia copia di Vogue o Elle, o anche solo per scegliere le cartoline, i poster o le stampe – che poi chissà se finiranno sulla parete rosa cipria o nella libreria di faggio – a ricordarci che in ogni angolo di casa e di cuore può esserci un po’ di Parigi. Fosse anche solo per il cielo di Parigi. Per i tetti di Parigi. E per tutta la poesia che a volte manca. Fosse anche solo per quel motivo che lasciammo per tornare. E io ne ho lasciati tanti, disseminati qua e là, come fossero caramelle nelle tasche di una borsa che non uso più.

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